DIARIO DI VIAGGIO IN EGITTO

di Mauro Morelli
2/10

 

IL CAIRO: OLTRE 22 MILIONI DI ABITANTI! Il Cairo, con i suoi 12 milioni di abitanti più altri 10 nelle periferie, pari a un terzo della popolazione dell’intero Egitto, è la città più grande e popolosa dell’Africa e l’unica ad avere la metropolitana. La sua fondazione risale ai tempi dell’invasione musulmana e precisamente al momento della conquista dell’Egitto da parte della dinastia dei fatimidi che nel 969, in segno di omaggio per una decisiva vittoria in battaglia, fondarono a nord di Fustat una città alla quale dettero appunto il nome di Al-Qahira che significa "la vittoriosa". Da allora Il Cairo non ha mai smesso di crescere, richiamando continuamente sempre nuovi abitanti attratti dal miraggio di facili ricchezze che peraltro all’occhio del turista occidentale risultano quanto meno improbabili. Questa esplosiva crescita urbana ha determinato naturalmente una irregolare e confusa distribuzione della popolazione, che infatti vive per oltre 5 milioni di persone nei bassifondi della città e in migliaia di piccole casette in muratura incredibilmente sorte sugli antichi cimiteri tanto da far meritare a tali zone l’appellativo di "città dei morti". Trattandosi di una città così grande è naturalmente impensabile riuscire ad averne anche una minima idea in una sola giornata da visita. Ma così vuole il piuttosto rigido programma già consegnato alle autorità di Polizia, e quindi dobbiamo contentarci di quel poco che ci viene fatto vedere: l’antica Cittadella, la Moschea di Hassan e il Museo Egizio. Peccato perché dobbiamo rinunciare ai vicoli e alle viuzze dei quartieri islamici come Darb al-Ahmar pieni di vivaci mercati e di splendide ed imponenti moschee; non vediamo la Moschea e università di Al-Azhar, la più antica del mondo islamico; non possiamo salire su qualche minareto per godere di vedute sicuramente suggestive; non visitiamo Khan al-Khalili, uno dei bazar più grandi del mondo; ci fermiamo, solo per il tempo di scattare una foto, dal margine della strada, a una minima parte della Città dei morti suddivisa dalla Cittadella in due giganteschi sobborghi; non ci rendiamo conto di dove né come sia il Cairo copto con le sue chiese cristiane e ebraiche; e infine non percepiamo neppure l’esistenza di due grandi isole sul Nilo, in pieno centro della città, sulle quali sorgono gli splendidi sobborghi di Gezira e Zamalek. Pazienza! E come succede sempre in questi frangenti, non possiamo far altro che rimandare a quando torneremo in Egitto, una visita più esauriente della città. Al mattino di domenica, giornata lavorativa per gli egiziani che normalmente riposano il venerdì, dedichiamo la visita del Museo Egizio che raggiungiamo dal nostro albergo con una passeggiata di una trentina di minuti lungo alcune grandi strade del centro del Cairo. Sosta ad una banca per il necessario cambio della moneta in Lire Egiziane ( una LE ha un valore di poco superiore alle 500 lire italiane), alla posta per acquisto di francobolli e schede telefoniche e a un tipico punto di ristoro dove osserviamo con curiosità uomini egiziani mentre fanno uno spuntino in piedi, intorno a tavoli imbanditi di tanti piattini in alluminio pieni di fagioli, pomodori, cipolle, sottaceti e focacce. All’ingresso del Museo ci ritroviamo con Adriana che nel frattempo era andata a procurarsi, in maniera non del tutto chiara, le tessere di studenti per tutti i componenti del gruppo, necessarie per ottenere lo sconto del 50% su tutti gli ingressi dei luoghi storici e archeologici dell’intero Egitto. Di colpo, come per miracolo, mi ritrovo così con un documento ufficiale, munito di una mia vera fotografia, dal quale risulto nato nel 1970! Speriamo che la cosa funzioni! Il Museo Egizio, situato in un grande edificio circondato da un giardino, contiene oltre 100.000 oggetti a testimonianza delle splendide civiltà fiorite in questo paese dal 3000 a.C. (Antico Regno) sino al 400 d.C.(Impero Romano). Il merito di aver iniziato nel 1858 questa stupenda collezione spetta all’archeologo francese Auguste Mariette al quale infatti è dedicato un monumento in bronzo nel giardino del museo. Gli oggetti sono esposti in ordine cronologico in oltre cento sale disposte su due piani dell’edificio. In poco più di un paio d’ore visitiamo il museo, soffermandoci ad osservare con attenzione solo i pezzi più famosi ed interessanti: due statue colossali di Amenofi, i modelli delle barche usate dai faraoni per il loro viaggio nell’aldilà, vasi di alabastro, dipinti su papiro, il trono in legno di Tutankhamon adornato da uno stupendo rilievo a vivaci colori che lo raffigura insieme alla moglie, un gioco da tavolo con pezzi in avorio, una interessante serie di sarcofaghi dorati, splendidi gioielli e incisioni in oro di incredibile raffinatezza, eleganti scritte in geroglifici incise su granito e su basalto e infine le sale dedicate al tesoro di Tutankhamon. Questo tesoro rinvenuto solo nel 1922 è costituito da ben 1700 pezzi, ma su tutti si distingue, all’interno di una vetrina di cristallo in mezzo ad una sala buia, la leggendaria maschera mortuaria del faraone, costruita in un oro plasticamente lavorato e battuto, intarsiato con lapislazzuli e altre pietre preziose. Anche se si tratta di un oggetto già visto in centinaia di riproduzioni fotografiche, non mi stancherei mai di guardarlo e di osservarne lo straordinario, affascinante accostamento tra il colore giallo dell’oro e l’azzurro scuro dello smalto steso a strisce sulla parte del tipico copricapo del faraone. Il gruppo si ricompone presso un self-service dove ci gustiamo un ottimo shawerna, tipica focaccia morbida aperta a sacchetto, riempita con verdure cotte e carne di manzo o di agnello tagliata a piccoli pezzetti direttamente dallo spiedo. La giornata continua con la visita alla Cittadella che raggiungiamo con il nostro pulmino. La Cittadella, prima fortezza e poi dimora dei governatori d’Egitto dal XII al XIX secolo, è costituita da un insieme di moschee, musei, strade e ampi spazi, racchiusi da mura e da torri merlate costruite a scopo difensivo su una collina ai margini orientali della città. Sul punto più alto si eleva la mole della Moschea di Mohammed Alì, costruita nel 1840, che con le sue bianche e lucenti cupole ( quella centrale misura 52 metri di altezza) e i suoi sei minareti a matita è diventata uno dei simboli del Cairo. Stupendo è il panorama che godiamo dalla piazza antistante questa moschea: subito sotto di noi, ai piedi della collina, si dominano le due imponenti e importanti moschee di Hasan e er-Rifà-i, costruite una accanto all’altra appena separate da una stretta stradina.; poi lo sguardo, abbagliato dal sole, spazia su un mare infinito di palazzi e piccole costruzioni, tutte rigorosamente color ocra, su decine di minareti e moschee, su una serie di moderni grattacieli che sembrano circondare la città, finchè, la ricerca inconfessata viene incredibilmente premiata dalla surreale , anche se purtroppo lontana e seminascosta da una cappa di foschia, visione delle mitiche piramidi di Giza. Si vedono solo due minuscoli triangoli spuntare alla fine della città, ma l’immagine è di quelle impossibili da dimenticare. Ancora abbagliato dalla luce del panorama, entro a piedi nudi nella moschea di Mohammed Alì costruita nel XIX secolo, notando con soddisfazione come qui in Egitto, a differenza del Marocco, la visita delle moschee sia consentita anche ai non musulmani. La moschea vera e propria è preceduta da un ampio cortile quadrato, circondato da pareti arricchite da belle vetrate e da un portico interno con al centro la fontana per le abluzioni. Infine l’interno della moschea, interamente ricoperto da rossi tappeti e sormontato dalle alte cupole, ove è conservato il sarcofago di Muhammed Alì. Proseguiamo la visita della Cittadella passeggiando, insieme a turisti egiziani e non, per le sue stradine e piazze sino ad arrivare ad una porta secondaria sormontata da una antica abitazione e infine uscire dalla porta principale che si apre sulla grande Piazza del Saladino. Subito dopo visitiamo la imponente Moschea di Hasan situata proprio ai piedi della collina della Cittadella. Si tratta di una delle moschee più importanti del Cairo costruita nel XIV secolo dal sultano Hasan utilizzando, si dice, pietre provenienti dalle grandi piramidi di Giza. L’ingresso, che si apre lungo la stradina in discesa che la separa da un’altra grande moschea, immette in alcuni locali coperti — che insieme ad altri circondano la moschea vera e propria e ospitano diverse scuole coraniche - e poi in un cortile quadrato con la fontana per le abluzioni e con decine di lampade ad olio attaccate a lunghe catene che pendono dall’alto; da qui si entra nelle sale con volte a botte, destinate alla preghiera. Come al solito gli interni di questi edifici religiosi islamici, rigorosamente privi di immagini e di un qualche punto di riferimento conosciuto, non riescono a farci provare sensazioni interessanti e quindi dopo pochi minuti ci ritroviamo tutti fuori. Di nuovo in pulmino diretti all’albergo accontentandoci di una semplice sosta sul ciglio di una strada per dare un’occhiata dall’alto alla Città dei morti: benché ai nostri occhi si presenti solo una anonima distesa senza fine di piccole casette apparentemente disabitate, leggiamo dalla guida che in effetti si tratta di una immensa necropoli mammalucca — formata sia da migliaia di semplici fosse coperte da una lastra in pietra destinate alla sepoltura della gente comune, che da ricchi mausolei per sultani e principi con abitazione annessa per ospitarvi i familiari durante le celebrazioni — utilizzata, a partire dalla guerra del 1967, per ospitarvi le centinaia di migliaia di profughi provenienti dalla regione del Canale di Suez e successivamente per accogliere le sempre più numerose persone che, attratte dalla grande città, decidono di lasciare le campagne. Ancora una volta debbo restare con la voglia di sperdermi nell’intrico di queste stradine alla ricerca di immagini rubate da fissare sulle mie pellicole fotografiche. E con me tutti gli altri "fotografi" del gruppo! Pazienza. A questo punto inizia la lunga odissea per raggiungere in taxi le piramidi della zona di Giza dove, su suggerimento di Franco, decidiamo di andare ad assistere allo spettacolo serale di suoni e luci. A fatica troviamo quattro taxi che, dopo estenuanti trattative sia sul luogo da raggiungere — ma è credibile che un tassista del Cairo non sappia dove si trovano le Piramidi ??!! — sia sul prezzo da pagare, ci fanno salire e partono nel caotico traffico della sera. Dopo qualche centinaio di metri un taxi perde i contatti perché fermato da un vigile. Gli altri tre proseguono per una decina di minuti, poi, inspiegabilmente si fermano ai lati di una strada e ci dicono che per il prezzo convenuto possono solo condurci sin lì! E dove siamo? Discussioni tra noi e due tassisti finché, grazie all’intervento di un passante egiziano, ci accordiamo per un aumento del prezzo purché ci portino all’ingresso dello spettacolo. Si riparte e, come prima, durante il percorso un taxi perde contatti. Dopo qualche minuto si arriva al termine di una larga strada buia dal quale — per nostro conforto - possiamo vedere la splendida sagoma di una piramide che, accompagnata da una voce che sembra venire dall’oltretomba, cambia colore e illuminazione. Siamo arrivati, ci fanno capire i due tassisti, e noi, come bischeri — mi sia concesso il toscanismo — paghiamo e restiamo lì in mezzo a questa strada mentre le auto si allontanano velocemente. Ci guardiamo intorno. Ma l’ingresso dove è? Vediamo spuntare un paio di cavalli (!) e qualcuno ci dice che per raggiungere l’ingresso situato a oltre un chilometro dalla parte opposta delle piramidi, dobbiamo andarci a cavallo, naturalmente dietro adeguato compenso! Siamo rimasti solo in sette e confesso che, per un attimo, non sappiamo che fare. Per fortuna c’è un ufficio di polizia turistica che capisce la situazione e ci consente di salire tutti insieme su un’auto per essere trasportati come pacchi, due davanti accanto al guidatore e cinque (!) dietro, sino all’ingresso dello spettacolo, che nel frattempo sta quasi per finire. E gli altri componenti dei due taxi precedentemente perduti dove saranno? Comunque finalmente scendiamo al punto voluto, paghiamo il biglietto, entriamo, assistiamo agli ultimi cinque minuti di suoni e luci e all’apparire della luce vediamo con sollievo che gli altri nostri compagni erano stati più fortunati di noi e si erano goduti l’intero spettacolo comodamente seduti. Contenti comunque per l’avvenuta ricomposizione del gruppo, saliamo su due taxi station-wagon con tripla fila di sedili- solite trattative- e ci facciamo portare al Museo Egizio dove, come da accordi, troviamo il titolare dell’Agenzia turistica. Seguendolo, facciamo una lunga e veloce camminata attraverso una serie di strade cairote, fino a raggiungere un tipico e affollatissimo locale dove, affamati, divoriamo medaglioni fritti di verdura, fagioli, fave bollite, pomodori, cipolle e salsine non meglio identificate. A questo punto penso sia giusto andarcene a letto.

Continua

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