DIARIO DI VIAGGIO IN EGITTO

di Mauro Morelli
6/10

ANCORA LUNGO IL NILO VERSO SUD Venerdì 12 aprile ci ritroviamo alle sette di mattina in una piazza di Luxor con altri pulman, furgoni e auto di turisti, per il proseguimento in colonna verso Assuan debitamente scortati dalla polizia. Dopo poco più di 50 chilometri abbandoniamo la colonna e facciamo una deviazione per Esna. Al centro di questa cittadina, tra il solito intrico di vicoli e casette, si trova, in una enorme fossa profonda nove metri scavata per riportarlo alla luce, il tempio di Khnum, il dio dalla testa di ariete. E’ un tempio risalente al periodo tolemaico-romano e precisamente a quando a Roma era imperatore Claudio. Anche qui grande sala ipostila con 24 colonne molto simile a quella già vista a Dendara, soffitto ancora integro, serie di incisioni raffiguranti faraone e imperatori romani nell’atto di porgere omaggi al dio. Questa sosta a Esna ci costerà un’ora di tempo, perduta in attesa dell’arrivo della macchina di scorta della polizia. Torniamo quindi sulla sponda orientale del Nilo passando su una specie di diga e dopo un’altra cinquantina di chilometri ci fermiamo di nuovo nel piccolo centro di Edfu dove visitiamo il grande tempio di Horus, anche questo risalente al periodo tolemaico-romano e completato pochi anni prima della nascita di Cristo da Tolomeo XIII, padre della famosa regina Cleopatra. Si tratta di un nuovo tempio, grandioso e spettacolare quanto si vuole, ma che non fa che ricopiare passivamente la forma e lo stile architettonico dei templi di Abydos, Luxor e Karnak risalenti a più di mille anni prima, templi questi ultimi che già erano stati costruiti ispirandosi ad opere ancora più vecchie di altri mille anni. Questa ripetizione continua di forme e di stili nell’arco di 2000 anni, non consente, a turisti frettolosi come noi, di effettuare una qualche distinzione tra i vari templi pur risalenti a periodi così lontani tra loro. Anche qui pilone di ingresso alto 36 metri con grandi incisioni di faraoni nell’atto di omaggiare Horus; due grandi e splendidi falchi in granito simboleggianti appunto il dio Horus, che sorvegliano l’ingresso; un vasto cortile circondato da un porticato e infine una serie di sale, corridoi e piccole cappelle decorate da pregevoli incisioni, che circondano il sacrario di Horus. Di nuovo in viaggio proseguendo ancora sulla strada che, salvo alcuni tratti in pieno deserto, segue fedelmente il Nilo offrendoci il consueto paesaggio: campi coltivati, orti, palme e piccoli centri costituiti da povere casette di argilla cotta al sole, qualche volta colorate a tinte vivaci, con tetto di canne e foglie di palma intrecciate, sovrastate magari da esili minareti e spesso anche da una grande e nuova moschea. Terza ed ultima sosta della giornata a Kom Ombo per visitarne il tempio di Sobek — dio dalla testa di coccodrillo — e di Haroeris, situato su un piccolo promontorio sulla sponda del Nilo. Breve visita del tempio, costruito tra il 200 a.C. e il 30 d.C. quindi in epoca greco-romana, e bella vista sul Nilo proprio nel punto dove anticamente i coccodrilli sacri si crogiolavano al sole. Arriviamo ad Assuan nel primo pomeriggio e prendiamo subito possesso delle camere in un albergo lungo la Corniche, la strada principale della città che costeggia il Nilo: siamo tra i pochi fortunati ad avere una camera con splendida vista sul fiume, sull’isola Elefantina e sulla riva opposta dominata da gialle collinette desertiche.    
ASSUAN Dopo una doccia e un riposino usciamo alla scoperta di Assuan, la città più a sud dell’Egitto e frontiera di passaggio per la regione della Nubia. E’ una città dove ci orientiamo subito perché in pratica è distesa lungo la riva orientale del Nilo ed è interamente percorsa da tre lunghe strada parallele: prima la Corniche, la strada principale asfaltata e con un intenso traffico che costeggia il Nilo; quindi, pochi metri verso l’interno, una strada più stretta incredibilmente sterrata — siamo nel pieno centro di Assuan! - e occupata da due file interminabili di negozi e venditori ambulanti che costituiscono lo splendido mercato all’aperto della città e infine, sempre verso l’interno, una terza strada ancora fiancheggiata da negozi che in pratica delimita il centro di Assuan. Richiamati come al solito dall’irresistibile fascino dei suq orientali — io per le fotografie e Grazia per gli acquisti - ci ritroviamo inevitabilmente a passeggiare lungo la strada centrale. Anche se ormai, dopo la Birmania, la Thailandia e il Marocco, dovremmo essere abbastanza sazi di mercati, ogni volta che ci ritroviamo in mezzo a questi venditori assillanti, a queste botteghe piene di attraenti oggetti di artigianato locale, a mucchi di frutta e ortaggi sparsi per la terra, a carretti pieni di tè, carcadè, grani di pepe rosso, verde e nero e di polvere di indaco incredibilmente azzurra, a strade affollate di donne, uomini e bambini in costume locale, a uomini seduti sugli scalini o in qualche ritrovo a fumare il narghilé o a giocare a domino, ci facciamo prendere dalla curiosità e dall’entusiasmo e non ci stancheremmo mai di guardare, osservare, scoprire, domandare, toccare, scattare e…..comprare. Camminando tra la polvere e non poca sporcizia percorriamo buona parte della lunga strada centrale e poi arriviamo anche a quella più esterna dalla quale vediamo, su una leggera altura in mezzo ad un grande spazio, una bella moschea di recente costruzione fiancheggiata da due altissimi ed esili minareti. Chiudiamo la giornata con una piacevole cenetta in un ristorante galleggiante sul Nilo e una passeggiata lungo la Corniche. Sabato 13 marzo, giornata senza spostamenti in pulmino dedicata alla visita dell’altra sponda del Nilo con le sue affascinanti collinette desertiche e di alcuni dei vari isolotti che sporgono dalle acque del Nilo nel tratto che da Assuan, per oltre 17 km verso sud, arriva sino alla grande diga. Mi sveglio di buon mattino, giusto in tempo per fotografare il Nilo appena illuminato dal primo sole, e vado in giro per Assuan. Qui, evidenziati dallo scarso movimento del mattino, osservo con una certa angoscia i diversi posti di blocco dei militari, armati di mitragliatrici, che stazionano 24 ore su 24 nei punti nevralgici della città; angoscia comunque ridotta dai bambini e soprattutto dalle tante ragazze che, elegantemente vestite di blu con scialle bianco in testa, se ne vanno tranquillamente a scuola come in qualsiasi altra parte del mondo civile. Alla riva del Nilo ci sono attraccate diverse navi da crociera e i turisti cominciano a scendere a terra sparpagliandosi per le strade di Assuan. Subito dopo la prima colazione andiamo nei pressi della vecchia diga dove noleggiamo un barcone per il traghetto fino alla isola Agilika. Su questo isolotto è stato ricostruito negli anni 70, dopo averlo smontato pezzo per pezzo, l’ampio complesso architettonico dell’isola di File sommersa a seguito della costruzione della nuova diga di Assuan. Il tempio di File, con alcune parti risalenti al IV secolo a.C., è costituito soprattutto da strutture dell’epoca tolemaica ed è dedicato al culto di Iside, di Osiride e di Horus. Ricca di fascino risulta comunque la sua ambientazione, tra palme e oleandri, su questo isolotto lambito dal Nilo. Dopo la visita torniamo ad Assuan passando per la strada che attraversa il fiume proprio sopra la grande diga costruita dal 1961 al 70 con lo scopo di un migliore sfruttamento delle acque del grande fiume, giustamente chiamato "madre dell’Egitto". Ad Assuan ci imbarchiamo finalmente sulla feluca noleggiata da Adriana che ci accompagnerà per il resto della giornata sino a tarda sera. Iniziamo con la visita dell’orto botanico che occupa interamente l’isola di Kitchener: vialetti fiancheggiati da altissime palme roystonia regia caratterizzate da un fusto dritto, incredibilmente bianco e liscio; giganteschi ficus varello ; belli esemplari di bombax malabarjcum l’albero dai fiori rossi conosciuto in Birmania; un curioso albero tropicale con frutti identici a lunghi salami e, per finire, alberi simili al nostro salice che sporgono i loro rami pieni di bianchi ibis sulle acque del Nilo. Da questa isola passiamo all’altra sponda del fiume, dove, con una discreta camminata in mezzo al deserto e sotto un sole abbagliante, arriviamo sino ai resti del Monastero di San Simone. Posso finalmente accertarmi della assoluta diversità delle due sponde del Nilo: di là Assuan, con i suoi palazzi, le sue strade, i suoi alberi e i suoi campi coltivati, di qua, subito, incredibile, il deserto. Il monastero risale al VI secolo d.C. ed è stata una roccaforte cristiana sino alla definitiva conquista araba del XIV secolo che ne uccise e cacciò tutti i monaci che vi vivevano. Costruito come una fortezza, è circondato da una cinta muraria che conteneva una chiesa, magazzini, dormitori, una cucina e così via. Oggi è quasi diroccato e un guardiano ci fa vedere i resti della chiesa cristiana con le tracce di un affresco raffigurante gli apostoli intorno al tavolo dell’ultima cena. Affascinato dallo stupendo contrasto di colore tra il giallo ocra delle mura ancora in piedi e l’intenso azzurro del cielo, mi aggiro tra le rovine alla ricerca di qualche bella inquadratura. Poi discendendo verso la nostra feluca passiamo vicino al mausoleo dell’Aga Khan costruito proprio su questa riva di fronte ad Assuan. Di nuovo una piacevole, silenziosa, scivolata in feluca sino all’isola Elefantina, così chiamata o per gli elefanti che nell’antichità passavano con le carovane sulle sponde del fiume oppure per i grossi macigni di granito grigio che, simili proprio ad un branco di elefanti che fa il bagno, si vedono intorno all’isola. Sull’isola visitiamo un pittoresco, ma assolutamente vero, villaggio nubiano fatto da modeste casette di argilla, divise da un intrico di vicoletti. Qui i soliti bambini ci assaltano per chiedere bon bon, penne, cappellini mentre le donne, intabarrate nei loro ampi vestiti, se ne stanno sedute sulle soglie delle case e ci fanno, con il dito indice ripiegato ad amo, il tipico gesto di richiesta di una lira o di un bascisc per l’ennesima foto rubata. Presi dagli scatti di queste immagini, Stefania, Corrado ed io finiamo con il perderci e solo dopo qualche vano tentativo che ci riportava al punto di partenza, riusciamo a ritrovare il punto della riva ove ormai ci stava aspettando il resto del gruppo già da tempo a bordo della feluca. Di nuovo in navigazione sul Nilo mentre il sole sta per tramontare. Scendiamo su una nuova isoletta dove, districandosi tra i soliti assalti di donne e bambini che vendono collanine, ci dirigiamo verso l’interno. Abbiamo prenotato la cena in un villaggio nubiano. Ci accompagnano in una casetta dove, in una stanza appena sufficiente a contenere una grande tavola già apparecchiata, ceniamo, seduti su scomodi letti. Chi ha bisogno del gabinetto viene gentilmente accompagnato fuori…..in fondo alla strada, al termine del paese! Viva l’aria aperta! Mangiamo comunque con grande appetito patate fritte, fagioli e patate in umido e pollo arrosto, il tutto cucinato come se fossimo a casa nostra: resteremo con il dubbio se hanno cucinato così per noi oppure se veramente quella è la cucina tipica nubiana. Al termine della cena, insieme a ennesime proposte di vendita di collanine e altri oggettini, ci viene offerto un buon bicchiere di carcadé che degustiamo seduti in un piccolo ambiente all’aperto sul quale si affacciano le varie stanze della casa. Quando lasciamo la casa è buio pesto e il villaggio è ormai deserto. Di nuovo feluca per il ritorno ad Assuan dove, prima di andare a letto, ci beviamo una birra su un chiattone galleggiante sul Nilo, mentre un Franco in piena forma ci fa scompisciare dalle risate con una serie ininterrotta di battute su Mimmi, ribattezzato "gioiello del Nilo" e Stefano, ribattezzato "Mr.Bean". Il giorno successivo, domenica, sveglia di buon’ora, brutta sorpresa di trovare il pulmino con una gomma a terra, sostituzione della ruota, corsa all’aeroporto per prendere l’aereo per Abu Simbel, attesa di oltre un’ora e finalmente, con un volo di una ventina di minuti, atterriamo nei pressi dei mitici templi della Nubia. Di nuovo ci troviamo immersi in uno scenario fantastico interamente desertico bagnato da un immenso lago artificiale, il lago Nasser, formatosi con la costruzione della grande diga di Assuan. A un centinaio di metri dalla riva del lago si elevano sulla piana desertica due picchi di roccia arenaria, ognuno dei quali contiene, come per incanto, una grandiosa facciata di tempio preceduta da gigantesche statue scolpite nella montagna stessa. Lo spettacolo è di quelli da mozzare il fiato. Quattro figure alte 20 metri del faraone Ramses II sono a guardia della facciata del Grande tempio, fatto costruire appunto da Ramses II tra il 1290 e il 1224 a.C. in onore degli dei Ra, Amon e Ptah. Unite ai piedi e alle gambe di queste straordinarie figure ci sono alcune statue molto più piccole che raffigurano la madre, la moglie Nefertari e alcuni figli del faraone stesso. Lo sguardo dei quattro Ramses II fissa lontano, verso il deserto e il lago Nasser. Con una punta di soggezione passo in mezzo alle grandi statue ed entro nel tempio: una grande sala sorretta da otto colonne con altre colossali statue di Ramses , interamente ricoperta da incisioni raffiguranti le gesta del faraone impegnato in battaglia, immette in altre piccole camere tutte istoriate. In fondo, nella camera più interna siedono, addossate alla parete, le quattro divinità del tempio — Ra, Amon, Ptah e lo stesso Ramses II — posizionate in maniera tale che all’alba dell’equinozio di primavera e di autunno il sole le illumini perfettamente, con la sola esclusione di Ptah, in quanto dio delle tenebre. Senza nulla togliere alla bellezza delle incisioni e delle statue, mi sento veramente sconcertato al pensiero dell’impresa umana, risalente a ben 3200 anni fa, di scavare nella roccia un ambiente largo 38 metri, profondo 63 e alto più di 10. Di nuovo, dopo le piramidi, mi trovo di fronte ad un mistero che difficilmente, nonostante tanti libri letti e da leggere, qualcuno riuscirà a farmi capire. Al confronto, anche l’impresa del 1964 che ha provveduto a "sbriciolare" i due templi in più di 2000 blocchi di arenaria per ricostruirli identici, sempre all’interno di due montagne appositamente innalzate, fuori delle acque del lago, mi sembra una cosa da niente. Uscendo dal tempio è interessante comunque vedere l’interno della montagna ricostruita a somiglianza di quella originale ormai sommersa dalle acque del lago, che poggia sulla volta in cemento armato che, a sua volta, ricopre il tempio vero e proprio. Poco distante c’è l’altro tempio più piccolo dedicato al dio Hathor e a Nefertiti, anche questo con una maestosa facciata dove sei grandi statue scolpite nella roccia alte dieci metri, raffigurano Ramses per quattro volte e la moglie Nefertiti per due volte. Lasciamo Abu Simbel e con volo regolare, sorpres dal commento di Adriana al microfono dalla cabina dei piloti mentre si sorvola il sito dei templi, torniamo ad Assuan. Pomeriggio interamente dedicato ad acquisti nei suq di Assuan con cena finale sul Nilo e fumata collettiva di narghilé.    

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