DIARIO DI VIAGGIO IN EGITTO

di Mauro Morelli
8/10

IL SINAI Riprendiamo la strada e, dopo una interminabile distesa desertica, ci infiliamo con un certo timore nel tunnel, lungo 1600 metri, che passa sotto il canale di Suez e siamo così nel Sinai. Osservo intorno alla zona del canale squallidi quartieri formati da centinaia di caseggiati popolari, tutti uguali, sciatti, privi di qualsiasi primaria manutenzione, costruiti in pieno deserto e attraversati da strade sterrate e polverose senza traccia di asfalto; pochissime le auto parcheggiate e assoluta la mancanza di verde. Finita la zona abitata ricomincia la monotona distesa di deserto che ci accompagna per un paio d’ore. Poi, finalmente, dopo il bivio con la strada di montagna che porta al monastero di S.Caterina, dalla quale quindi torneremo tra tre giorni, cominciano ad apparire le montagne del Sinai. E così una serie continua di picchi rocciosi che spuntano dal deserto ci accompagna sino all’arrivo, inventando, grazie alla luce sempre più rossa e radente del sole, infinite forme e colori. Alle sette di sera, dopo una breve sosta a El-Tor per consentire all’autista di riposarsi e a noi di fare una passeggiata sino al mare, raggiungiamo Sharm el-Sheikh e ci sistemiamo in un discreto albergo con piscina. La giornata successiva, giovedì, è interamente dedicata alla visita del Parco Nazionale marittimo di Ras Mohammed che occupa l'estrema punta meridionale del Sinai. Entriamo nel Parco con il nostro Toyota e in un abbagliante paesaggio desertico che si protende nel mar Rosso. cominciamo a girare per le sue stradine, prima asfaltate, poi sterrate, poi sempre più sconnesse tanto da farci temere per la resistenza del pulmino, sino ad arrivare alla Main Beach. E’ una bella insenatura sabbiosa circondata da picchi rocciosi, con una attrezzatura limitata ad una piccola tettoia di canne sotto la quale ci mettiamo in costume. Un centinaio di metri di acqua bassa e poi, improvvisamente, uno strapiombo di 70 metri costituito dalla barriera corallina. Qui lo snorkelling è d’obbligo e anche io, messo da parte qualsiasi timore, mi godo la visione subacquea della barriera con le sue decine di costruzioni di corallo popolate da vivaci pesci colorati. Getto un’occhiata verso il fondo del mare sotto a me e vedo un incredibile azzurro senza fine, intenso e luminoso, animato da migliaia di pesci. Estasiato e turbato nello stesso tempo, resto in acqua solo per pochi minuti, anche se poi mi pentirò di non esserci stato più a lungo. Trascorriamo ancora un’oretta sulla spiaggia esplorando le rocce che la circondano e salendo su un picco altissimo dal quale di gode uno stupendo panorama sulle coste del parco e sul mar Rosso. Proprio ai piedi di questo picco, in una piccola insenatura sassosa, ci godiamo alcuni grossi pesci colorati che nuotano tranquillamente vicino alla riva nell’acqua bassa, facendosi fotografare. Tranquilli ma non troppo perché un bellissimo pesce azzurro, forse perché disturbato, riesce addirittura a morsicare un piede a Corrado. Verso la fine della mattinata ci spostiamo con il pulmino percorrendo ancora stradine impossibili alla ricerca di altri luoghi interessanti. Evitiamo una spiaggia perché troppo affollata e andiamo fino al canale delle Mangrovie. Qui siamo proprio sulla punta estrema del Sinai, su una bianchissima landa desolata che un mare celeste in fase di bassa marea lascia parzialmente scoperta e dove un piccolo canale, sul quale appunto crescono le piante di mangrovie, si getta nel mar Rosso. Sullo sfondo, dalla parte opposta del mare, si vedono catene di montagne grigie e celesti che si perdono nel cielo. Prima di lasciare definitivamente il Parco riproviamo l’ebbrezza dello snorkelling sulla barriera corallina su un altro tratto di costa rocciosa. Infine, ripassando per Sharm el-Sheikh, proseguiamo verso Dahab risalendo la costa orientale del Sinai che si affaccia sul golfo di Aqaba. Arriviamo a Dahab verso le 22.30 e qui, accolti da un gradito bicchiere di carcadè ghiacciato, ci sistemiamo in un albergo con camere in piccoli cottages vicino alla spiaggia. Cena in albergo e inutile accordo con guida locale per effettuare, al mattino successivo, un tour fuori programma in Land Rover sino al Canyon Colorato. Costo concordato, dopo le solite estenuanti trattative di Adriana, 10 $ a persona. Inutile perché al mattino, quando io con gli altri sei partecipanti ci ritroviamo pronti per la gita, Adriana ci dice che la gita non si può fare "per mancanza di mezzi". E’ evidente che si tratta di una scusa: infatti ci sono pochissimi turisti in zona ed è impensabile che non ci sia disponibilità di un fuori strada per noi; riteniamo piuttosto che sia stato il titolare della nostra agenzia, che in primo momento ci aveva offerto la gita ad un prezzo superiore, ad avere imposto alla guida locale di non effettuare il giro al prezzo concordato con noi. E così anche noi, piuttosto delusi, ci dobbiamo accontentare di trascorrere la mattinata in pieno relax sulla spiaggia di Dahab, osservando in lontananza, al di là del mare, i contorni offuscati della costa della penisola Arabica. Poco dopo mezzogiorno lasciamo la spiaggia e, prima di intraprendere il trasferimento per il Monastero di S.Caterina, ci fermiamo per uno spuntino a Assalah. Si tratta del nucleo originario di Dahab, un tempo famoso come ritrovo di hippies e oggi, con i suoi camp — campi lungo la strada centrale occupati da filari di minicamerette — luogo di incontro per viaggiatori squattrinati. Qui mangiamo in un locale incredibilmente sprovvisto (!!) di bicchieri e sorseggiamo caffè e tè seduti in riva al mare, mentre alcune bambine del posto ci fanno dei simpatici braccialettini colorati di cotone. Nel primo pomeriggio lasciamo il mar Rosso, risaliamo ancora per un po’ la costa del golfo di Aqaba e infine deviamo verso l’interno del Sinai con destinazione monastero di S.Caterina. Percorrendo una lunga e dritta strada asfaltata ci troviamo immersi in un magico paesaggio fatto di decine di picchi rocciosi, ammorbiditi alla base da immacolate dune di sabbia e circondati da lande desertiche. Lo scenario meriterebbe una serie di continue soste, ma non ho il coraggio di chiedere continuamente all’autista di fermarsi. Lo facciamo una volta in un ampia radura per consentire a Eleonara di raccogliere un po’ di sabbia per ricordo del Sinai e poi nei pressi di una tenda di nomadi addossata proprio alla base di una altissima parete rocciosa. Arriviamo al monastero quando è ancora pieno giorno e qui ci vengono assegnate due stanze con il pavimento letteralmente coperto di lettini: sette in quella per gli uomini e otto in quella per le donne. Ci prepariamo il letto e poi ci sparpagliamo per le stradine del complesso religioso, curiosi di vedere che cosa ci aspetta. Il Monastero, risalente al VI secolo e costruito per volere dell’imperatore Giustiniano, si trova a poco più di 1500 metri di altezza e noi domani mattina, prima dell’alba, dovremo arrivare sulla vetta del Jebel el-Musa o monte Sinai a 2285 metri: lassù, secondo quanto narrato dalla Bibbia, Mosè ricevette da Dio le tavole dei Dieci comandamenti. In attesa della cena, fissata per le 20.30, e anche per far riposare i muscoli in previsione della fatica notturna, noi uomini ci ritroviamo tutti quanti sdraiati sui nostri lettini, al buio completo; restiamo una decina di minuti in perfetto rilassamento….finché il silenzio non viene interrotto da bruschi rumori di scarponi che si avvicinano e si fermano proprio davanti alla porta della nostra camera e da secche voci gutturali che sembrano impartire incomprensibili ordini. Resterà allora memorabile la spontanea battuta di Franco che, spezzando il silenzio della stanza, dice con voce bassa e circospetta: "Boni, ragazzi! Ci sono i tedeschi!". Per un istante ci sentiamo come proiettati in piena seconda guerra mondiale nella parte di partigiani ricercati dai soldati nazisti e poi scoppiamo tutti e sette in una fragorosa e interminabile risata. Poi scopriremo che si trattava di motociclisti israeliani appena scesi dalle loro moto, che stavano prendendo possesso di una camera accanto alla nostra. Piacevole cena in foresteria dove, di fronte ad un invitante vassoio di pomodorini e cetrioli freschi, mandiamo a farsi benedire la precauzione, finora rispettata, di non mangiare verdure crude per non rischiare problemi intestinali e addirittura beviamo, forse perché fiduciosi nella santità del luogo, bottiglie di pura acqua di sorgente. Completano la cena degli ottimi kebaba e bicchiere di tè. Inutile la richiesta di Adriana di poter gustare uno sgroppino, tipico gelato veneto alla vodka e al prosecco. Poi tutti a letto presto: sveglia alle 2.30!    

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