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Ripartiamo
di buon'ora ed entriamo in territorio Konso, etnia che vive in
grandi villaggi e che è famosa per la tradizione di erigere
bellissime statue lignee, i Waga Konso, alla morte di un componente
importante della comunità. Purtroppo la tradizione sta
pian piano scomparendo per via dei numerosi furti dei Waga che
vengono poi rivenduti ad Addis Abeba per diverse migliaia di dollari.
Per poter ammirare i Waga siamo quindi costretti a lasciare la
pista principale per raggiungere i villaggi più isolati
dove ancora la tradizione resiste. Questo del resto sarà
una costante ( e una complicanza ) durante tutto il viaggio: i
villaggi più accessibili hanno già avuto a che fare
col turismo e conseguentemente hanno codificato un comportamento
il più elle volte detestabile: devi pagare una sorta di
dazio per entrare nel villaggio, quasi sempre pagare per fotografare...
è tutto un contrattare, una cosa che svilisce l' esperienza,
che mortifica noi e loro, che impedisce un contatto sincero fondato
innanzitutto sulla sana curiosità reciproca. La straordinarietà
dei costumi di queste tribù ha infatti richiamato, intorno
agli anni 80, l'attenzione ( prima che dei turisti ) di molti
fotografi e documentaristi che hanno pagato in maniera sconsiderata
e deleteria i loro reportage, creando in queste popolazioni il
triste e ormai radicato fenomeno della commercializzazione dell'immagine.
Presso
alcuni di loro l'effetto è stato devastante, perchè
ha rotto equilibri millenari spesso a favore della violenza: con
i soldi infatti questa gente ci compra i kalashnicov, per tutto
il resto vige tutt' oggi il baratto. Naturalmente i turisti gretti
e ignoranti, semplicemente a caccia di avventura, hanno contribuito
e contribuiscono a perpetuare il triste scambio: " 1 foto = 1
birr " , e in questa orrenda pratica si esaurisce ogni contatto.
Personalmente
non pago mai le foto, nè distribuisco caramelle, soldi
e quant' altro. E' il modo più superficiale, arbitrario
e ingiusto di affrontare il problema della povertà, si
può fare di meglio e soprattutto im maniera più
incisiva, sul posto e anche da casa nostra.
Ho deviato
il discorso, volevo piuttosto sottolineare che questo tipo di
viaggio diventa davvero straordinario quando si lasciano la pista
principale e i villaggi più accessibili, per raggiungere
quelli più isolati, i soli dove è ancora possibile
un approccio spontaneo e sincero con le popolazioni locali, e
dove è ancora possibile incontrare l' Africa più
vera e autantica, e non quel triste teatrino che tanto piace a
noi turisti.
Nel
tardo pomeriggio, costeggiando il confine col Kenya, arriviamo
nel punto in cui l'Omo si riversa nel Lago Turkana : finalmente
l'Omo, che da adesso risaliremo costeggiandolo a tratti sul versante
orientale e a tratti su quello occidentale, attraversando i territori
abitati dalle varie tribù. Facciamo i campi sulle sue rive,
in punti però sufficientemente alti sì da evitare
spicevoli visite: il fiume è infatti popolato da una nutritissima
colonia di coccodrilli, enormi e più brutti del solito!
Le giornate
si fanno molto faticose: fa' molto caldo e tuttavia bisogna stare
coperti per proteggiersi dalle zanzare malariche che, in barba
ai repellenti, ci molestano anche di giorno; le popolazioni locali
non brillano certo per senso di ospitalità e gentilezza,
bisogna quasi sempre impegnarsi in vere e proprie imprese diplomatiche!;
le piste sono a dir poco massacranti e ogni giorno c'è
un qualche problema meccanico in agguato....
...
la sera siamo ridotti a statue di terracotta, i capelli un groviglio
inestricabile... nel fiume ci sono i coccodrilli e allora ci si
deve lavare con l' acqua di un catino... le serate torride trascorrono
asserragliati in tenda a combattere battaglie perse in partenza
con miliardi di zanzare e insetti vari. E tutte le notti ad allietare
il nostro sonno un grido assordante di un animale inizialmente
non identificato: scopriremo trattarsi di un rospo odioso dal
gracidio assurdo! Così all' alba, in un balzo, siamo tutti
in piedi e pronti a partire, ben lieti di porre fine alla nottata
infernale. Ma giuro, ne vale la pena!
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