Africa
L'Africa di Continentenero Travel

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Un soffio nel nulla
Nell'Admer-Tadrart in Algeria/1

di Renato Civitico

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Il vento continua a soffiare con forza, più forte che mai. Stasera è la notte di capodanno, e il vento potente che soffia sembra voler trascinare via l’anno intero. E'freddo e violento e fa oscillare le pareti di questa tenda, riempiendole di sabbia e di polvere; e quest’atmosfera non concilia con il mio riposo. Sono già da qualche giorno nel deserto Algerino e come sempre al campo si va a dormire presto. Con gli altri del gruppo, dopo aver chiacchierato per gran parte della serata attorno al fuoco, abbiamo deciso di festeggiare la fine dell’anno prima del solito, portando avanti i nostri orologi mentali. Gli autisti hanno organizzato anche un piccolo spettacolo, e per poco uno di loro non s’immolava con una bottiglia ricolma di benzina. Improvvisamente quest’uomo si è avvicinato al fuoco, rischiando così di diventare il primo tuareg abbrustolito del Sahara del nuovo anno.
Non sempre è possibile addormentasi subito la sera, spesso ci sono i pensieri di un’intera giornata che volano liberi su questi spazi immensi ed anche l’immaginazione può concedersi liberamente, più che altrove. E poi c’è sempre questo vento che dondola la tenda con le sue improvvise raffiche, ed è un potente soffio che scuote il silenzio. Un sibilo che spezza questo silenzio infinito. Non per altro, ma c’è sempre un qualche meraviglioso rumore che porge alla vita il minuscolo o enorme fragore a ciò che poi diventerà un indelebile ricordo.
Sono già alcuni anni che decido di trascorrere più giorni in questi luoghi remoti del mondo. Di sicuro gli album fotografici, le foto e le riproduzioni di questi paesaggi hanno favorito la scelta e la scoperta per questi spazi. Ma è anche vero che in questi ultimi anni, c’è stato un interesse maggiore dei mass media, verso questa realtà geografica. Nuove pubblicazioni, nuovi articoli e nuovi servizi televisivi hanno stimolato il desiderio di visitare questi paesi. Quest’anno poi, ho trovato attorno a me molta più gente del solito! Trovo folla nel deserto e in questa specifica regione del pianeta, forse c’è una riscoperta collettiva verso questi luoghi e verso questi abitanti? Ma cosa spinge l’uomo a ripercorrere queste lunghe piste desolate, ad affrontare una natura così ostile e a scrutare nel nulla? Nelle agenzie di viaggio troviamo vari cataloghi per queste escursioni e vengono studiati anche specifici itinerari di viaggio, un po’ per tutti i gusti, nonchè sempre più avventurieri si cimentano in gare podistiche o in guide spericolate, solcando gli erg di questo mare di sabbia. Ma cosa affascina l’uomo verso queste terre e cosa lo attira qui? Sul nostro pianeta ci sono molte regioni desertiche e tra i vari articoli che ci parlano di questi argomenti, apprendiamo che il deserto avanza sempre più. Ma la velocità con cui avanza il deserto, esercita una forza eguale nell’attirare sempre più viaggiatori verso questa frontiera? E soprattutto c’è un legame tra questi due aspetti così distanti, e questo legame esiste realmente o trattasi solamente di pura fantasia? Uno e l’altro sicuramente, sì credo che sia proprio così. Ho letto e sentito da molti raccontare le sensazioni e le emozioni che spingono l’uomo ad affrontare un viaggio nel deserto: la bellezza degli spazi solitari e irraggiungibili, la meraviglia e il terrore dell’infinito, il dilatarsi del tempo, la quiete e il silenzio e per ultima la solitudine. Ma queste non sono le sole immagini e le sole aspettative che spingono l’uomo a scegliere una vacanza così diversa. In questi casi quello che ci viene proiettato nel nostro immaginario, è solo una diversa dimensione da scoprire. Penso invece che ci siano altri motivi che si celano dentro di noi, quando decidiamo di solcare queste terre. Ed oltre all’aspetto romantico, c’è sicuramente anche un piccolo substrato di narcisismo e di basso orgoglio. Una vaga vanità nel sentirsi superiori e vivi in condizioni estreme e inusuali, quasi un bisogno di riscoprire le risorse sopite. Ma anche quest’aspetto e queste frasi sono già state scritte ed argomentate da più libri, ma allora cosa c’è ancora che ci affascina verso questi luoghi? Forse è la mancanza di segni, di certezze, di idoli e di promesse che qui non ritroviamo? Arrivare ad una verità chiara e sicura dentro di noi? Il deserto allora diviene la pienezza del vuoto, come la negazione di ogni illusione. Una vita allo stato puro, fragile e felice, piena o assurda, un infinto presente in ogni istante. E vivere questi momenti è vivere sicuri di essere puri, perché non c’è né un prima, né un dopo c’è solo un momento, quello davanti a noi. E risorge l’idea indispensabile di disintossicarci da tutto quello che ci ha circondato alla partenza. Dimenticare tutto per assaporare l’attimo. Il deserto e la sua dimensione viene riscoperta ciclicamente da più generazioni e da sempre molti film parlano e illustrano questi spazi. Ripercorrono i secoli di storia o scelgono semplicemente questi luoghi per ambientarvi avventure e racconti, ma tutte queste pellicole lasciano allo spettatore un alone di mistero e di fascino. Ci fanno ammirare le dune di sabbia o le oasi sperdute nel nulla, che simboleggiano nell’immaginario di ognuno di noi un luogo fiabesco, un mondo diverso dal quotidiano. E sovente il deserto rappresenta la fuga dalla città, come può essere il mare o la montagna. In altre parole, uno degli ultimi luoghi naturali che è riuscito a sfuggire dall’impoverimento e dalla cementificazione delle nostre città. Ma questo spazio rappresenta anche un luogo di riferimento, che offre un’alternativa alla nostra società del consumo. Si parte sempre dalla scoperta del deserto come di un luogo ricco di significati mitici, ma poi il pensiero si evolve. Dopo qualche giorno passato a passeggiare tra le dune o dopo essersi lasciati cullare dal calore del sole pomeridiano o dal dolce scricchiolio del suono dei passi sulla sabbia, nasce la quinta essenza che cerca in un altrove reale, l’immagine di una società più consona ai propri bisogni. Il deserto è il punto di riferimento contro la fugacità della civilizzazione moderna, simbolo di un tempo statico e ciclico, opposto al senso animato di progresso. Questo ruolo d’immagine alternativa al mito di progresso non è nuova, ma tende ad essere rafforzata oggi dalla crisi dell’idea stessa di progresso, come testimoniano anche altre visioni di ricercatezza che sbocciano in un ritorno verso le più semplici origini della nostra società. L’idea di un posto tranquillo dove trascorrere un fine settimana o la ricerca di un ristorante che ci faccia riscoprire un piatto tipico della nostra tradizione, non sono forme molto più semplici ma analoghe? Più la società corre verso il suo futuro e più c’è voglia di fermarsi, per godere di attimi di purezza.

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