Libia: tra le sabbie del Sahara (2/6)

di Claudio Perotti claudiomail@tiscali.it

Lunedì 17/03/2003: Inizia la giornata con la visita della città vecchia di Ghadames. Il biglietto d’ingresso costa 5 Dinari a persona. Prendiamo contatto anche una guida che ci accompagni e ci descriva ciò che incontreremo. Il suo ingaggio è di 50 Dinari. Se Ghadames nuova mi ha deluso per il suo squallore, Ghadames vecchia mia ha incantato per il suo fascino. Per buona parte l’antico centro è cinto da mura. Alla fine della nostra visita ho guardato a queste mura come si guarda un baluardo amico, un abbraccio protettivo che divide il mondo di queste affascinanti architetture da "mille e una notte", dall’abbrutimento senza regole del nuovo cemento. Questa Ghadames è un dedalo di strette, bianche viuzze, che si insinuano tra quelle che erano le antiche abitazioni di queste genti. Ogni via resta per buona parte coperta al cielo, sfruttando archi, sottopassi e in genere la struttura stessa delle case. Questo accorgimento, oltre a quello per il quale le vie hanno una larghezza molto limitata, erano principi studiati ad arte per ottenere più riparo possibile dal sole, cocente per molti mesi all’anno. Altro elemento che sottolinea la maestria con la quale queste strutture urbane sono state concepite, è il fatto che il dedalo di stradine di cui Ghadames è formata, sono disposte in modo tale da permettere un continuo ricambio d’aria, sfruttando oltre il naturale favore dei venti, anche degli appositi sifoni creati per facilitare la ventilazione nei punti più difficili. Lungo ogni via per buona parte si snodano sedili di muratura, anch’essi bianchi, dove le persone potevano sostare e trattenersi. Di tanto in tanto piccoli slarghi, piazzette dalle piante irregolari, con gli immancabili sedili, con le mura bianche dove qua e là sono scavate delle nicchie create per ospitare le lampade ad olio. Alcune di queste case sono aperte, è possibile visitarle. Abbiamo visitato l’interno di una di queste abitazioni. Molto caratteristica, con diverse stanze, tappeti, dipinta tutta di bianco con decorazioni molto particolari, specie di arabeschi con predominanza del colore rosso. Altra sbalorditiva caratteristica di Ghadames è che attraverso i tetti è possibile andare da un capo all’altro della città, e le case confinanti sono tutte comunicanti, attraverso delle brevi scale che portano a cortiletti pensili. Dai tetti delle case è poi possibile godere favolosi panorami, sui verdeggianti palmizi che circondano la città. Altro dettaglio singolare di queste architetture è che ciascuno degli angoli posti sulla sommità delle abitazioni, terminano con punte triangolari e questo rende ancora più fiabesche le vedute della città dai tetti. Ghadames è patrimonio dell’Unesco e le attività di manutenzione sono particolarmente attive, specialmente in quelle parti della città ove i segni del tempo e, purtroppo, anche della seconda guerra mondiale hanno lasciato traccia. Altra caratteristica che ricordo con estremo piacere sono le stradine che conducono fuori dal "centro". Queste, delimitate da muri alti 2-3 metri in malta, hanno solo la parte terminale dipinta di bianco, con motivi traforati a forma di triangolo. Quant’è piacevole percorrere queste viuzze dal corso irregolare, e vedere in alto, oltre i muri, le chiome delle palme, e più in alto l’azzurro terso e schietto del cielo. E’ stata una visita meravigliosa, ben condotta dalla nostra preparatissima guida locale.
Saliamo sulle 4x4, ma prima di partire sostiamo al mercato dove facciamo scorta di acqua, pane, frutta e verdura, sufficiente per circa quattro giorni, cioè tanto quanto staremo lontani da qualsiasi centro abitato. Le bottiglie d’acqua da 1,5 litri costano da 0,80 a 1 dinaro l’una. Un chilo di arance costa 1 dinaro. La verdura costa piuttosto poco, se con 12 dinari abbiamo acquistato una buona quantità di pomodori, zucchine, cipolle e patate. Abbiamo, poi, constatato che l’ordine di grandezza dei prezzi è più o meno lo stesso in tutta la Libia. Il pane ha un prezzo politico, incredibilmente basso. Con pochi spiccioli si comprano un sacco di baguettes, che tra l’altro sono davvero squisite, profumate, saporite, croccanti all’esterno e morbide all’interno, una vera delizia, tant’è che qualcuno, me compreso, le sgranocchiava così, senza companatico. Per quanto riguarda gli altri generi alimentari di base, tipo pasta, insaccati, formaggi e condimenti vari, ce ne è una buona scorta partita dall’Italia.
Oramai è primo pomeriggio quando partiamo, abbandonando il centro abitato. Quasi subito lasciamo il nastro d’asfalto per la pista di sterrato. Secondo la nostra tabella di marcia, oggi dovremmo percorrere circa 100 chilometri. In lontananza si vedono delle alture, qua e là qualche cespuglio secco, poi a mano a mano che ci addentriamo nell’hammada, il paesaggio diventa sempre più monotono, fino a entrare in un’immensa distesa di pietre, a perdita d’occhio. A questo punto del pomeriggio, la temperatura è piuttosto calda, nonostante il vento fresco. Uno dei fuoristrada si rompe, cominciamo bene. Un problema ad una balestra, sembra. Gli autisti si mettono tutti insieme a tentare di riparare il danno. Hanno una rudimentale cassetta degli attrezzi, dalla quale estraggono veramente di tutto. Il guasto ha dato un bel po’ di filo da torcere, ma dopo più di mezz’ora di tentativi sono riusciti ad avere la meglio. Hanno riparato il guasto grazie ad un cuneo di legno ricavato da un ramo secco, che hanno incastrato a dovere dove si è verificato il difetto. Questo è stato il primo di altri 3-4 piccoli guai tecnici occorsi alle nostre vetture, ma sempre riparati alla meglio dai nostri piloti-meccanici.

Ripartiamo. Il sole è oramai basso ed il freddo comincia a farsi sentire. Raggiungiamo una zona semi riparata da una paio di collinette di roccia. Il capoguida, Hadi, decide che questo è un buon punto per accamparsi. Fa disporre le tre jeep ferro di cavallo e qui montiamo le tende. Wadi Kezouin è il nome di questa zona. Abbiamo fatto meno strada rispetto al previsto, il luogo è piuttosto inospitale, il vento aumenta e con esso il freddo. Mentre io con alcuni compagni siamo intenti a terminare di montare le tende, vediamo un po’ di subbuglio vicino alle jeep. Più tardi gli altri nostri compagni ci informano che il trambusto è stato generato da una vipera che per fortuna Hadi e compagni hanno individuato e che sono stati costretti a sopprimere, data la pericolosità di quella specie (si trattava di un esemplare di vipera cornuta, velenosissima e tipica di queste zone). Mica male per essere il primo campo. Oramai il buio è calato, cuciniamo una delle numerose minestre liofilizzate di cui è composta la nostra "cambusa", portata dall’Italia. Formaggio e prosciutto come secondo. Sono letteralmente intirizzito dal freddo.

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