Libia: tra le sabbie del Sahara (3/6)

di Claudio Perotti claudiomail@tiscali.it

Martedì 18/03/2003: Qualcuno di noi ha un termometro. Al nostro risveglio segnava +2° gradi centigradi. Non male per essere in Africa! Colazione, campo smontato e via, alle 8:45. Dobbiamo recuperare la strada non percorsa ieri. Dopo tre ore di percorso, siamo nel cuore dell’Hammada Al Hamra. Vediamo sconfinate distese di sassi, per molti chilometri è una spianata sassosa spazzata dal vento. Il sole batte sulle pietre lisce, a volte è addirittura abbagliante. Lentamente il paesaggio si trasforma, dà spazio ai primi rilievi, cominciamo a vedere i primi accenni di sabbia, che aumenta sempre più, fino a dare spazio alle prime dune. Sono le 14:00 quando siamo ai confini settentrionale dell’Idehan Ubari, uno dei "mari di sabbia" libici. Quando sostiamo per il pranzo siamo ai piedi di un’alta duna e la sensazione di monotonia che ci ha accompagnato per diverse ore, si trasforma nello spettacolo sinuoso di queste meraviglie della natura. Anche il vento è quasi del tutto cessato e la temperatura è salita notevolmente. Finalmente fa un po’ caldo! Riprendiamo il viaggio, e dopo pochi chilometri ai nostri occhi si presenta uno spettacolo davvero bizzarro. Vediamo, in una zona non più vasta di 300-400 metri quadrati una distesa di strane pietre grigie, levigatissime, tondeggianti veramente strane, sembrano sculture e ricordano le forme dipinte da Botero. Le nostre guide non menzionano questo strano luogo, mentre alle nostre domande gli autisti alzano le spalle, sanno che è un posto interessante, ma non sanno spiegare come mai in un contesto geologico e paesaggistico completamente diverso, ad un tratto spuntano queste stranissime rocce. Ora le dune prendono il sopravvento sul paesaggio, per un buon tratto della pista ne siamo circondati. Il sole comincia a scendere, e questo produce un effetto meraviglioso sul paesaggio circostante. Guardando avanti, e poi a destra, a sinistra, dietro, la luce gioca strani effetti sulla sabbia, sui rilievi, creando effetti cromatici completamente diversi, bianca da una parte, poi gialla, poi rossa dall’altra……Il tutto raccolto dall’abbraccio del cielo, così profondamente azzurro…….. Facciamo campo proprio in mezzo alle dune, riparati in una specie di catino naturale. Il capo carovana fa disporre i fuoristrada a ferro di cavallo, in modo di offrir riparo al punto in cui si accenderanno tra un po’ i fuochi per la cena. E’ il nostro primo campo tra le dune, siamo immersi nei cangianti colori delle sabbie al tramonto. Tutta un’altra cosa rispetto all’inospitalità del luogo di ieri. Ci gustiamo un’incredibile stellata, attendendo il sorgere della luna da dietro un’alta duna. Poi intraprendiamo una difficile scalata, illuminati dalle stelle e dalla luna. Stupenda è la sensazione sulla pelle dei finissimi granelli di questa sabbia fresca, nella quale in alcuni punti si affonda fino oltre le caviglie. E il lasciarsi cadere ansimanti sulla sabbia, che sensazione incredibile di libertà!. Serata memorabile, questa. Peccato che poi, nel corso della notte, si è levato ancora un fortissimo vento, tanto che i normali paletti della tenda non riuscivano ad ancorarla la suolo. Penso che siano stati i nostro corpi e i bagagli a fungere da zavorra e ad evitare il peggio. La tenda si piegava tanto da scendere sul corpo, e la violenza del vento produceva un inevitabile rumore il quale non è che propiziasse proprio il sonno….

Mercoledì 19/03/2003: Bellissima alba di sole, il vento improvvisamente cessa. Partiamo alle 9:30 e solo dopo pochi chilometri siamo su degli stupendi tratti di pista dove le lisce rocce basaltiche riverberano l’intensa luce del sole mattutino. Dopo poco più di un’ora raggiungiamo un punto ove sorge uno strano pilone con scritte arabe. I nostri conducenti ci informano che quello è il segnale del confine tra Libia e Algeria. D’obbligo la foto appoggiati al pilone dalla parte algerina! Oggi fa caldo, dopo poche ore di tragitto il sole picchia sempre di più. Ad un certo punto il cielo va progressivamente oscurandosi ed il vento ad aumentare. Che strano, ma cos’è? "Tempesta di sabbia" dice nel suo stentato italiano, Hadi. All’inizio può risultare anche divertente, pensare: "Toh, che forza, una vera tempesta di sabbia"! Ma quando le ore passano e la situazione sempre peggiora, non si vive più il fatto come spettatori, ma come protagonisti passivi. Non si vede più la pista da seguire, è un problema scendere, mangiare, assolvere ai bisogni corporali. Il vento spara la sabbia negli occhi, nelle orecchie, nel naso, è un bel casino. Il paesaggio poi assume una luce e dei contorni a dir poco surreali. Paradossalmente mi ricorda la nebbia in val Padana! Ad un certo punto compaiono le sagome di cammelli, come sempre con quel loro fare imperturbabile. Purtroppo siamo obbligati a variare itinerario, anziché addentrarci tra le dune Diwane, siamo costretti ad aggirarle e fare tutta una tirata (quasi 200 km) verso Ghat, anticipando di un giorno l’arrivo. Delle dune Diwane vediamo solo la sagoma scura in lontananza, tanto sono offuscate dalla sabbia nel vento. Non è possibile addentrarci lì, saremmo letteralmente sommersi dalla sabbia, dicono le guide, le quali hanno il loro gran daffare a non perdere la pista, che in quelle condizioni di visibilità, spesso si riduce ad un tenue segno al suolo. Improvvisamente, come d’incanto dalla sabbia spunta l’agognato nastro d’asfalto, il che vuol dire che non siamo a più di un’ora dalla cittadina, in quanto solo nei pressi del centro abitato la pista di sterrato lascia il posto alla strada asfaltata. Fortunatamente anche il vento sembra diminuire. Arriviamo a Ghat al tramonto. Troviamo riparo all’interno del camping Anaya. Unici ospiti, il camping mette a disposizione delle capanne di foglie di palma (almeno non ci tocca montare la tenda), uno spazio coperto in muratura attrezzato a cucina con tavoli e sedie, delle docce intasate da sabbia e mozziconi di sigarette, servizi in condizioni igieniche ancora peggiori. Comunque non vediamo l’ora di fare una sacrosanta doccia, di toglierci la sabbia d’addosso e mettere qualche cosa sotto i denti. Verso le 21:00 il vento è cessato completamente.

Giovedì 20/03/2003: Ci svegliamo in uno splendido mattino di sole. Ci voleva! Mentre ci accingiamo a preparare la colazione, arriva la notizia: è iniziata la guerra. Cerchiamo di avere qualche informazione dai nostri autisti e dal gestore del camping, ma le notizie sono poche e frammentarie. Il giovane lavorante nero che presta servizio qui, è seduto, curvo a testa china con in grembo una vecchia gracchiante radiolina a transistor. Ha un’espressione sgomenta e preoccupata. Come non capirlo? Mi sento mortificato.
Ghat è stata un’antica città carovaniera. Attualmente ha poche migliaia di abitanti, stabilitisi nella parte nuova. Visitiamo la vecchia medina di Ghat, con le sue case costruite con mattoni di malta, la visita è abbastanza interessante, anche se non ha nulla a che vedere con la magnificenza di Ghadames. La Ghat vecchia è quasi completamente disabitata. Fanno eccezione tre-quattro famiglie di Touareg, ultimi abitanti della antica medina. Su un’altura, in posizione dominante, si erge il forte italo-francese, d’epoca coloniale. E’ una costruzione sobria e massiccia, ad uso esclusivamente militare. Dall’alto delle sue mura si gode di un interessante e bel panorama, grazie anche alla limpida giornata: da una parte le alture dell’Acacus, dall’altra il massiccio del Tassili algerino, subito sotto la vecchia medina e più avanti la Ghat nuova con le case, i minareti ecc. Poi le palme, e, davanti a noi, lontane, le dune. Lasciata la città vecchia, ci dirigiamo verso il suq, per acquistare acqua, pane, frutta e verdura. Oltre alla consueta concitazione che alberga nei mercati arabi, c’è un palpabile fermento in più, causato dalla guerra, immaginiamo. Partiamo più tardi del previsto, a causa di un improvviso guasto subito da una delle land rover. A riparazione effettuata, paghiamo al camping Anaya i 70 Dinari pattuiti e partiamo alla volta dell’Acacus. Cominciano paesaggi vari e magnifici, che ci accompagnano fino al punto in cui è possibile montare il campo, ai margini dell’Acacus e riparati da dune alte e gialle. Data la totale assenza di vento, e la piacevole temperatura, alcuni di noi (compreso il sottoscritto) decidono di non montare le tende e passare la notte con il solo sacco a pelo, sotto le stelle! Purtroppo a notte inoltrata il vento arriva, e a poco è servito l’esserci messi a ridosso delle land rover, il vento comincia a dar fastidio, e con il vento la sabbia! Fortunatamente non è durato più di un paio d’ore, permettendoci quindi di dormire (un po’ insabbiati!) per buona parte della notte. Morale: non fidarsi MAI delle apparenti buone condizioni del tempo. Il vento è sempre in agguato, come i cambiamenti repentini delle condizioni climatiche.

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