Libia: tra le sabbie del Sahara (5/6)

di Claudio Perotti claudiomail@tiscali.it

Martedì 25/03/2003: Mattinata dedicata alla visita del museo e della città vecchia. Germa fu l’antica capitale dei Garamanti e un importante centro carovaniero, purtroppo però è rimasto poco della fiera città che diede filo da torcere alle legioni romane. A differenza di Ghadames e Ghat, fu abbandonata già in epoca lontana, con conseguente decadimento delle strutture urbane, realizzate con mattoni di malta. Prima di lasciare Germa, occorre fare rifornimento di pane, acqua, frutta & verdura per i prossimi giorni di deserto. Avremmo potuto partire presto, ma purtroppo la mattina tutti i negozi sono chiusi e la città quasi deserta, in quanto, ci hanno detto i nostri autisti, moltissimi hanno preso parte ad una manifestazione pro-Saddam. Fortunatamente nel primo pomeriggio i negozi riaprono, permettendoci così di completare i nostri rifornimenti di generi di prima necessità. Partiamo, e dopo meno di venti chilometri entriamo in una parte di deserto di dune tra le più belle fino ad ora viste. Ci si ferma spesso, rapiti dalla magnificenza di questo spettacolo naturale. Le fotografie si sprecano, come le salite e le discese, di corsa, dalle dune! Mano mano che ci addentriamo la sabbia diventa l’unico elemento e le dune disegnano forme fantastiche. Il sole comincia a scendere ed ora il gioco di luci ed ombre inventa chiaroscuri bizzarri, sempre più fantasiosi. Disponiamo il campo in uno stupendo catino riparato. Montiamo le tende, disponiamo tutto quello che serve. Poi, ciascuno per la propria direzione ci incamminiamo sulle dune, come se fossimo attirati da una forza invisibile. A volte si arranca, causa la ripidezza della salita, o della consistenza della sabbia, talmente soffice da sprofondare fino alla caviglia. Invece a volte è più compatta, rendendo i passi molto più facili. E’ bello, poi, lasciarsi cadere seduti sulla sabbia, respirare profondamente, guardarsi tutt’intorno, sentirsi dentro questi spazi infiniti, sentire sulla pelle il vento e udire il suono sommesso del deserto, dei minuscoli grani di sabbia che rotolano li uni sugli altri, sospinti dal vento. Oppure ascopltare il fruscio della sabbia mossa dai passi, che scivola giù, lenta lungo il crinale della duna. E’ un’emozione profonda.

Mercoledì 26/03/2003: Giornata dedicata alla visita dei laghi di Ubari. Partiamo, cominciando una bella traversata sulle dune. Aspetto divertente di affrontare le dune con i land rover, è quello che devono essere lanciati ad una velocità sufficiente per poterne raggiungere la sommità, per poi scendere dall’altro versante. L’effetto è decisamente da "montagne russe", con sicuro divertimento per gli scavezzacollo e con qualche apprensione per i meno "arditi". A mano a mano che ci si avvicina alla zona dei laghi, il paesaggio un po’ si trasforma. La sabbia non regna più incontrastata, la chioma di qualche palma comincia a fare capolino dalle dune, poi sempre più frequente anche qualche cespuglio verde. Quando spunta il primo lago, il Mavo, il colpo d’occhio è senz’altro d’effetto. E nuovo, in quanto l’elemento acquatico non è certo cosa consueta. Vediamo il colore verde-azzurro delle acque con attorno una fitta corona di palmizi e sullo sfondo il giallo ocra delle dune. Mica male. Il secondo lago è il Gebroun, dista solo 4 km e decidiamo di raggiungerlo a piedi, anziché sulle quattro ruote. La camminata è assai piacevole. Quello che vedo davanti a me rappresenta un po’ l’iconografia classica dei "dispersi nel deserto". Sono dietro, l’ultimo del gruppo, e vedo i miei compagni di viaggio qualche centinaio di metri davanti a me, camminare lenti nella sabbia del deserto, sotto il sole a picco, che oggi è piuttosto caldo. Tutt’intorno a noi solo sabbia. E’ divertente pensare che questa scena che si apre davanti ai miei occhi, potrebbe essere tranquillamente riportata in un film dal titolo: "Dispersi nel deserto" o qualcosa di simile! Ma nessuno di noi è preoccupato, sappiamo che a non molto tempo di marcia arriveremo al prossimo lago, il Gebroun, dove le nostre land rover ci stanno aspettando. E così è: cominciamo ad avvistare lontano i primi ciuffi verdi, segno inequivocabile che non siamo lontani dalla meta. Prima di vedere il lago attraversiamo un villaggio abbandonato. Le case quasi interamente crollate, presentano macerie e rottami tutt’intorno. E’ stato abitato fino al 1991, come apprendiamo dalla precise notizie della guida Lonely Planet e come poi confermato dagli autisti. Le genti di questo villaggio erano conosciute per essere chiamate "mangiatori di vermi", per via dei minuscoli animaletti rossi, simili a gamberetti, che una volta popolavano le acque di questo lago e di cui queste genti si cibavano. Arriviamo al lago, protetto da un lato da un’altissima duna. Sull’altra riva un touareg ha messo in piedi una struttura, che chiama "camping e restaurant". Del "camping" non c’è nulla, se non una spianata dove sarebbe possibile piantare le tende, del "restaurant" ….chissà, noi abbiamo preso solo del te verde, sempre piacevole. La caratteristica di questi laghi è di avere una alta concentrazione di sale. Un nostro compagno di viaggio, incurante del vento fresco che all’improvviso si è levato, ha voluto provare l’ebbrezza di farsi un bel bagno, confermando quanto fosse salata l’acqua e dell’effetto tipo "mar morto", dove il galleggiamento è garantito dalla pesantezza dell’acqua. Dopo un po’ di relax ci rimettiamo in viaggio, verso il terzo lago. Godiamo ancora di un paesaggio stupendo, sempre fatto di belle dune, di sabbia, ravvivate qua è la da macchie verde smeraldo di piccoli gruppi di palme. Arriviamo al lago Umm Al-Maa, senza dubbio il più incantevole, dal punto di vista paesaggistico. Le sue acque sembrano più trasparenti, il colore è più vivo e le palme e le dune circostanti sono disposte in modo tale da specchiarsi nitide sulle ferme acque del lago. Veramente favoloso. Nelle vicinanze della riva un gruppo di touareg, ci propongono i loro oggetti. Ultimo lago, il Mandara, ha la superficie di gran lunga più vasta, ma è per buona parte prosciugato. Le pozze d’acqua sono rare e circondate da ampie macchie bianche di sale. Anche intorno a questo lago vediamo qualche casa di malta, abbandonato e semidiroccata. Anche qui troviamo un bel gruppo di touareg che ci invitano a vedere le loro mercanzie.Ci dirigiamo verso quello che sarà il nostro ultimo campo. Il percorso è in mezzo a straordinarie dune, attraversando le quali incappiamo in un bell’insabbiamento per una delle nostre jeep. Giù tutti a spingere; in pochi minuti risolviamo il piccolo inconveniente. Nonostante i numerosi chilometri percorsi sulla sabbia, solo un paio di volte ci siamo insabbiati. Oggi c’è una luce intensissima. Anche qui siamo di fronte a dune alte, bellissime, i cui crinali serpeggiano sinuosi, disegnando linee irregolari. E’ il nostro ultimo giorno lì, ciascuno di noi vuole assaporare al massimo queste emozioni, sensazioni. Ultimo tramonto. I chiaroscuri e poi le ombre, sempre più decise, più lunghe, stanno prendendo il sopravvento sulla luce. Inizio a scalare un’alta duna. Arranco, affondando nella soffice sabbia. Arrivo in vetta. Il panorama circostante è stupendo. E’ indescrivibile. Mi siedo. Gli spazi sconfinati, i silenzi profondi, l’invito alla meditazione. Sento ciò che mi circonda e mi abbandono allo spettacolo a cui ho la fortuna di assistere.

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