Alla scoperta del Marocco

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di Eno Santecchia

La partenza
All'aeroporto di Roma - Ciampino saliamo a bordo del Boeing della Royal Air Maroc. Ad una velocità di circa 850 Km/h sorvoliamo il mar Tirreno e la Sardegna; cerco di individuare le isole Baleari, Minorca, Maiorca e Ibiza, ma sono troppo piccole da quell'altezza. Poco dopo, il pilota ci avverte che la temperatura interna è di 24° C mentre quella esterna è di -45° C; infatti, la parete dell'aereo mi raffredda la spalla. Inoltre il comandante annuncia che a Marrakech il tempo è buono. Giunto sopra Almeria in Spagna, l'aereo vira a sud, diretto in Africa, attraversa l'estremità occidentale del Mediterraneo, non lontano dalle colonne d'Ercole, stretto che gli antichi navigatori avevano paura di oltrepassare. Nello stretto di Gibilterra in un tratto di 14 Km le fredde acque dell'Atlantico incontrano quelle calde del Mediterraneo. Durante l'ultimo conflitto mondiale, la satira inglese chiamava ironicamente Gibilterra: "Il tappo della bottiglia mediterranea".
Nel frattempo il personale di bordo, un'hostess e due steward, ci ha servito il pranzo a base d'insalata di riso, piselli e pollo in salsa gialla, burro, marmellata, pasticcini, Coca Cola imbottigliata a Casablanca, acqua e vino. Il Marocco ha più di dieci montagne che superano i 4.000 metri d'altezza. Numerosi corsi d'acqua, anche a carattere torrentizio (uadi), nascono dalle nevi perenni dell'Atlante e sfociano nell'oceano Atlantico. Per quello che ho potuto vedere dall'aereo, le zone sorvolate non mi sono sembrate particolarmente ricche di vegetazione arborea d'alto fusto. Il terreno ha un tenue colore rossiccio, vi sono fattorie, serre e campi irrigati.

Il leone berbero
Un antico proverbio arabo dice: "La Tunisia è una donna, l'Algeria è un uomo, il Marocco è un leone". Sui monti del Medio Atlante viveva un tempo un magnifico felino: il leone berbero o dell'Atlante (Panthera leo leo).
Il leone berbero si distingue dagli altri leoni per la criniera più scura, più estesa e per la peluria nera che ha sul petto e sull'addome. E' il leone della Sfinge d'Egitto, poi ricostruita con il volto del faraone Cheope, e dei Romani.
Sfortunatamente l'ultimo leone berbero è stato ucciso da un cacciatore in queste montagne nel 1922. I sultani del Marocco però avevano da tempo nei serragli un certo numero di esemplari di leoni berberi. Con l'ausilio dei pochi leoni che avevano forti tratti distintivi dell'antica specie, ricercatori e scienziati, mediante selezioni ed incroci, stanno cercando di ridare vita a quest'animale leggendario. Il leone berbero, per maestosità e bellezza, è considerato il re di tutti i leoni. Molto importanti sono stati gli studi e le ricerche condotti dallo zoologo tedesco prof. Leyhausen e nel 1974 dal Dr. Helmut Hemmer dello zoo di Francoforte. In Italia del progetto di conservazione e di recupero del leone berbero se ne sta occupando il prof. Mariani dell'Università di Chieti.

In Africa!
Dopo meno di un'ora di volo, siamo arrivati a Marrakech dove si fa scalo. Poi si proseguirà con un volo nazionale per Agadir. All'aeroporto di Marrakech una giovane donna sembrava il factotum: controllava i biglietti, organizzava i transiti e le partenze, indirizzava i passeggeri alle porte, annunciava i voli. Ci ha radunati esclamando ad alta voce in francese: "Passager Agadir", poi ci ha consegnato il biglietto di transito e ci ha fatto accomodare nella saletta di partenza. Nell'attesa ho cercato di trovare con il walkman - radio FM qualche stazione che trasmettesse musica leggera, ma ho trovato solo un muezzin che invitava alla preghiera. Il traffico non era intenso. L'aeroporto, in stile arabo di costruzione forse risalente agli anni Cinquanta non era dotato di aria condizionata; la temperatura si aggirava sui 35° C, si stava bene perché il clima è molto asciutto. Dalle vetrate si potevano ammirare lussureggianti piante di banane, in un angolo dell'aeroporto alcuni gattini dormivano tranquillamente. Nel bar ho notato una macchina da caffè espresso, di fabbricazione italiana, del tipo a leva che da noi è scomparsa dai banconi oltre 30 anni fa. In una parete in alto vi era un grande quadro raffigurante la marcia verde del novembre del 1975, che portò i marocchini ad occupare il Sahara Occidentale, già abbandonato dagli Spagnoli.
Abbiamo dovuto attendere circa due ore per riprendere lo stesso aereo che nel frattempo si era rifornito. In 20 minuti ci ha portato a destinazione, sorvolando a bassa quota l'Alto Atlante e giungendo in vista dell'Anti Atlante. L'aeroporto di Agadir è moderno, piccolo e attivo. Appena scesi dall'aereo abbiamo notato subito la differenza del clima da Marrakech: lì l'aria era secca e calda, qui fresca e frizzante. Si avverte la vicinanza del grande oceano!
Finalmente in Africa, terra dal dolce clima, dai ritmi naturali, dai colori antichi e morbidi dal cielo azzurro profondo! Nel Maghreb si è in Africa, ma anche in Oriente, inoltre si è abbastanza vicini da poter gustare i buoni sapori della cucina mediterranea. Amo il Nord Africa anche perché il clima è ottimo, la gente è amichevole. Sento una sensazione fortissima che mi dice sei a casa! Non mi sembra di trovarmi in una terra lontana e straniera.
Non so se questo sia solo merito dell'ospitalità del luogo, della cortesia di questi popoli o della mia passione di viaggiare; forse di tutti e tre.

 

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