Niger. Air Teneré, le piste del silenzio

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di Davide Bergami e Antonella Bergonzoni
Viaggio effettuato dal 22/11/2003 al 01/12/2003

Il viaggio

Questo viaggio è stato effettuato con Spazi d'Avventura, tour operator di Milano fondato da un medico milanese Piero Ravà, che ad Agadez è presente con un proprio ufficio, veicoli fuoristrada e guide italiane con decennale esperienza di questi luoghi, coadiuvate egregiamente da personale locale. Il lungo viaggio di avvicinamento al deserto nigerino, è iniziato il 22 novembre da Bologna via Parigi con i nostri amici Claudio e Roberta; qui insieme a Mirella, Daniela e Paola, tutte provenienti da regioni del Nord Italia, con la nuova compagnia aerea libica Afriqiyah Airways, raggiungiamo la capitale Niamey via Tripoli. A causa di un forte ritardo sul volo Tripoli - Niamey, prendiamo possesso della nostra camera all’hotel Gaweye soltanto verso l’una di notte. Un breve riposo, sveglia alle quattro di mattina e alle cinque in punto partenza in pulmino per una lunga galoppata su asfalto di oltre undici ore, con un totale di quasi mille chilometri, per raggiungere, alle porte del deserto nigerino, l’antica città carovaniera di Agadez.
Lungo la principale direttrice nigerina, ci dirigiamo verso est, parallelamente ai confini di Benin e Nigeria, nella regione più popolosa e fertile del paese; qui in un paesaggio savaneggiante, attraversiamo numerosi villaggi di capanne e curiosi granai a forma di salvadanaio, costruiti in paglia e fango, tipici dell’etnia HAUSSA. Insolite sono anche le minuscole moschee dalla ruspante architettura in terra, con i fedeli che si apprestano alla preghiera. Siamo coinvolti nel colorato commercio che si sviluppa lì attorno: i ragazzini con i loro rudimentali carrelli si spostano vivacemente con l’intento di vendere bibite fresche, mentre le donne, avvolte nelle tradizionali "pagne" (foulard che sono legati in vita come gonne e sistemati sul capo a protezione del sole) vendono frittelle dolci e salate accanto agli uomini, che sistemano intorno ad un fuoco ricco di brace, dei saporiti spiedini di carne.
Passato il villaggio di Birni’n’Konni, dove effettuiamo una breve sosta per il pranzo, la strada piega decisamente verso nord, rendendo evidente il graduale cambiamento climatico-ambientale nel passaggio da sahel a deserto vero e proprio; è possibile incontrare talvolta i nomadi Peul che transumano con le loro mandrie. Mano a mano che si procede, diventano sempre più rare le coltivazioni di miglio e sorgo, lasciando spazio a distese sabbiose e ciottolose.
A Tahoua, la strada ripiega verso est passando per il suggestivo lago artificiale di Abalak, incassato tra enormi dune morte coperte da una rada vegetazione di tipo arbustiva. Non si spalanca nessuna porta per entrare nella stanza del deserto; capisci che ci sei già dentro dalle pareti dell’orizzonte che si sono improvvisamente dilatate, tanto da farti perdere i punti di riferimento. Arriviamo in tarda serata all’hotel Tiene e dopo una doccia ristoratrice ci aspetta una cena all’eccellente ristorante "Le Pilier" di proprietà di Vittorio Gioni, un italiano residente qua da molti anni.
Qui incontriamo Piero Ravà, che l’indomani mattina, con due fuoristrada Range Rover, guiderà il nostro piccolo gruppo alla scoperta del massiccio dell’Air e delle genti che lo popolano. L’indomani, usciti dalla città, si comincia a salire verso Nord in un paesaggio di pianure solcate da grandi oueds; occorreranno due giorni per arrivare a Kogo, ultima piana della valle di Zagado, prima delle grandi dune del Ténéré. Si segue il corso del kori Teloua, molto verde e rigoglioso nonostante che oramai siamo alla fine del mese di novembre.
Quest’anno le piogge si sono protratte fino agli inizi di ottobre e la loro abbondanza ha fatto sì che si possa godere ancora di una vegetazione lussureggiante, costituita principalmente di acacie, palme dum e tamerici. Costeggiamo poi i massicci di GUISSET e BILET dai quali si dipartono rigogliosi kori; Anou Makkerene e Mellets tra i più grandi e intensamente popolati da famiglie di nomadi Touaregh. Abbiamo il piacere di incontrare un paio di piccole carovane di dromedari (qui chiamate Taghalamt) che trasportano fin qui blocchi di sale per uso animale dalle lontane oasi di Fachi e Bilma; appaiono dal nulla e scompaiono nel nulla, sembra una favola d’altri tempi, una visione, ma qui è pura e semplice realtà quotidiana. Durante il procedere dinoccolato dei dromedari scambiamo un rapido saluto con i nomadi che li conducono, donando a loro alcuni capi di abbigliamento di lana, utili per le fredde notti dell’inverno nigerino.

Proseguendo fra picchi vulcanici...>>>

 

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