Niger. Air Teneré, le piste del silenzio

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di Davide Bergami e Antonella Bergonzoni
Viaggio effettuato dal 22/11/2003 al 01/12/2003

 

Questi Tuaregh, pur vivendo vicino ad Agadez, preferiscono condurre una vita arcaica; l’attrattiva della città non ha ancora fortunatamente fatto presa su di loro. Fino a qui il massiccio dell’Air ci ha offerto uno dei paesaggi più spettacolari di tutta l’Africa Occidentale; un territorio aspro e roccioso dove picchi granitici e vulcani oramai spenti da millenni si contrappongono agli innumerevoli kori tappezzati di acacie e palme ombrose, sotto le cui volte trovano riparo le tende dei nomadi. Il giorno successivo si riparte in direzione di Issaouane, prosecuzione naturale della valle di Zagado, che, scorrendo verso nord-est, va a perdersi nelle sconfinate piane del Ténéré. Il terreno è ora sempre più sabbioso; la nostra meta è Arakao, in lingua Tuaregh Tchi-n-Tabourak che significa "chela del granchio".
Qui lungo i margini orientali dell’Air l’incontro e scontro tra sabbia e roccia dà vita ai più svariati e spettacolari paesaggi. Arakao è un anfiteatro naturale che si apre verso il Ténéré con un solo passaggio attraverso il quale il vento ha sagomato un cordone di dune alte più di 200 metri, che sembrano toccare il cielo. La particolare conformazione di riparo lo ha reso in un remoto passato zona di elezione per gli insediamenti umani. Ci inoltriamo a piedi lungo il kori Arakao dove è possibile ammirare delle splendide incisioni rupestri di epoca "bovidiana" (circa 6'000 anni b.p.) raffiguranti scene di caccia, animali selvatici e personaggi rituali. E’ difficile credere che in questi luoghi la natura, con un lento processo sviluppatosi nel tempo, abbia mutato radicalmente l’ambiente trasformando boschi, montagne verdeggianti e fertili valli in un arida distesa di sabbia, di sassi, di canyons dove il sole e il vento sono i dominatori incontrastati.
Eppure in ogni parte di questo immenso deserto, incisioni e pitture rupestri riportano le scene di questa realtà, pervenuta sino a noi attraverso l’opera degli artisti di allora. Nel tardo pomeriggio di questa calda giornata, Piero Ravà ci conduce lungo un sentiero in salita che ci porta in cima alla chela meridionale di Arakao. Qui, da una posizione assolutamente privilegiata, ammiriamo questo anfiteatro naturale di roccia; il nostro sguardo, senza più riferimenti e senza limiti, si perde tra le rocce dell’AIR e le sabbie del Sahara centrale. Al tramonto, nelle sue immediate vicinanze, posiamo i nostri igloo sulle soffici sabbie del Ténéré; è l’ora più bella a queste latitudini, quando, alla luce del crepuscolo, le ombre si fanno più lunghe e i contorni delle figure più morbide. Al campo ci prepariamo per la cena che consumiamo seduti su di un tappeto sahariano vicino al fuoco; il nostro sguardo è rivolto di tanto in tanto verso l’alto, a riconoscere in questo stellato cielo d’Africa qualche costellazione o qualche stella cadente.
Le serate trascorse in compagnia di Piero non sono mai monotone; i suoi racconti e le sue esperienze prima di viaggiatore, poi di guida con alle spalle più di duecento traversate sahariane, sono una preziosa fonte di conoscenza sul deserto che nessun libro o pubblicazione ci potrà mai dare. Quando ci stendiamo per dormire, circondati dallo sterminato mare di sabbia, la maestosa parata delle stelle che compongono la Via Lattea, illumina la notte.

 

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