Sal (Capo Verde): una terra, un sogno
di Marina Binda

 

La passeggiata lungo la spiaggia è davvero piacevole: una volta abbandonati i villaggi e gli alberghi costruiti lungo la costa ci si inoltra in un territorio inesplorato e silenzioso, piccolo assaggio del deserto africano, ben più maestoso ed inquietante.
La sabbia è sottile e bianchissima: come aspetto esteriore ricorda quella delle Maldive. Diversa, invece, è la temperatura, arroventata nelle ore più calde.
Sal ha un’estensione assai modesta; la superficie totale misura 216 Kmq. Perciò, l’isola può agevolmente essere percorsa in un’unica giornata, non essendo necessario un tempo superiore.
Noi abbiamo visitato le calette più note: Calheta Funda, ove abbiamo raccolto alcune bellissime conchiglie fossili, Fontona, ove si trova un piccolo palmizio, rara gemma verde in un terreno brullo, piatto ed acre, nonché Buracona, ove si può ammirare una grotta marina dall’alto di un roccione. Qui, il riflesso della luce crea una macchia turchina nell’acqua cobalto, effetto ottico di forma simile ad un delfino che i locali chiamano “l’occhio del diavolo”.


Quando mi sono affacciata dal precipizio mi sono ricordata di una frase di Perez-Reverte ne “La tavola fiamminga”: “quando guardi dall’orlo l’abisso, non sai che l’abisso sta guardando te”. Una citazione dell’affascinante protagonista del libro mentre confessa i suoi misfatti.
Verso sera, dopo una piccola sosta al ridente porticciolo di Palmeira

 


ed uno spuntino in un ristorante creolo nella cittadina di Espargos nei pressi dell’aeroporto, siamo giunti alle meravigliose saline di Pedra de Lume che hanno la particolarità di estendersi nel cratere di un vulcano spento. Si tratta di un paesaggio irreale, indescrivibile a parole: potrebbe far parte di un sogno.
Anzitutto un cenno sul villaggio: Pedra de Lume è un piccolo borgo costituito da poche casupole costruite in riva al mare, ove giocano a qualsiasi ora del giorno e della sera bimbetti creoli che si divertono con un pallone o con un copertone di un camion. Oggi nessun ragazzino occidentale potrebbe oggi essere pago di così poco e capace di divertirsi con giochi così modesti, ma questo è un effetto necessario del consumismo, che, talvolta, sembra uccidere la felicità. Ove il progresso sociale fosse accompagnato da un identico progresso spirituale ed interiore, forse saremmo tutti più sereni, ma questa non è la sede per una barbosa disquisizione sociologica, che, del resto, non sono in grado di fare.

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