I vini del Sud Africa
di Mario Crosta
L'articolo è pubblicato e tratto da Winereport.it
Partecipando
ad una recente trasmissione radiofonica in cui abbiamo degustato
in diretta un ottimo vino australiano di Abbey Vale che
ricordava nei profumi e nei gusti i vini del nostro Mediterraneo,
e non certo quelli francesi o californiani, ho dovuto spiegare
perchè ultimamente, purtroppo, non bevo più
i vini di quel continente. Troppa libertà in enologia,
laggiù sono consentite operazioni di cantina che
in Europa sono vietate, possono correggere il vino praticamente
con quello che vogliono e non solo usando chips (trucioli)
di legno, ma anche glicerina, acido tartarico e così
via. Per non parlare dei trattamenti nei vigneti. Non ce
lho con i vini australiani e tantomeno con quelli
delle cantine più attente a sviluppare unenologia
di qualità senza forzare la mano alluva che
entra in cantina. Ma se non si danno una regolata secondo
quei dettami igienici e sanitari che sono alla base degli
ottimi vini del nostro Paese, sarà sempre più
difficile trovare sulla mia tavola prodotti di enologie
non proprio estremamente affidabili.
Wiktor Bruszewski, un amico giornalista che scrive di vino
ed è degustatore e membro di alcune giurie alle manifestazioni
internazionali del vino, mi faceva notare che anche in Sudafrica
la legislazione è piuttosto carente
in tal senso. Laggiù è vietato lo zuccheraggio,
ma si può correggere lacidità, non ci
sono limiti alle rese per ettaro, in etichetta si può
riportare una denominazione dorigine anche quando
le uve provengono da vigneti di proprietà non soltanto
di quella regione, si usano contenitori tronco-conici dacciaio
rivestiti allinterno di assi di legno rinnovabili,
insomma lappassionato europeo di vino si trova di
fronte a cose che fanno sparire il sogno nella bottiglia
a cui è abituato bevendo e sbatte il naso contro
la realtà tutta materiale di vini trattati esclusivamente
come semplici bevande.
Nonostante questo, la Repubblica del Sudafrica si piazza,
a seconda delle annate, tra il sesto e lottavo posto
al mondo come produttore di vino, contendendolo a Germania,
Romania ed Australia. È dunque una realtà
che non si può ignorare, specialmente al momento
attuale, quando nel mondo ci sono ben 80 milioni di ettolitri
di giacenze (pari a una volta e mezza la produzione annua
dellintero nostro Paese) e i supermercati europei
sono invasi da vini ordinari in bag-in-box, brik e bottiglie
di provenienza sudafricana. Pochi di questi sono a denominazione
di origine controllata (varietale, comunale o regionale)
ed in questo caso fa fede la sigla WO, ovvero Wine of Origin,
stabilita nel 1973 per una decina di territori e che oggi
comprende circa il 10% dellintera produzione del Paese.
Questa sigla garantisce che il vino proviene almeno per
il 75% da uve del vitigno e dellannata indicati in
etichetta o, se viene indicato invece il nome del podere,
vuol dire che il vino è fatto con tutte le uve di
quel podere.
Foto tratte dai relativi siti
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