Oppressione che, spostandosi di pochi chilometri da Dakar, in mezzo
all'Atlantico, si palpa viva tra i vicoletti della splendida Gorèe,
tanto dolce oggi per i suoi visitatori, quanto amara cento o duecento anni
fa per i giovani africani catturati tra le tribù dell'interno. Ormai
ridotti a schiavi qui venivano "raccolti" e poi imbarcati sulle navi in
rotta per le americhe. Una tratta che costò al continente "duecento
milioni di figli" come scrisse Senghor, ma che si tradusse in "soli" venti
milioni di schiavi (tra cattura e trasporto morivano nove africani su dieci).
Tra le stradine sonnolenti di Gorèe ci si imbatte oggi in piccoli
gruppi di turisti e giovani ragazzi senegalesi alla ricerca di tranquillità
nella spiaggetta situata proprio sotto l'approdo del traghetto che da Dakar
porta all'isoletta in circa trenta minuti.
Punto di partenza per i traffici leciti e illeciti dei colonizzatori
che si sono contesi quest'isola per oltre trecento anni, Gorèe conserva
intatta, per ora, un'atmosfera antica. Per ora, perché sono numerosi
gli edifici in via di ristrutturazione. I proprietari delle vecchie case
hanno fiutato l'affare e si stanno attrezzando per accogliere i turisti
che arrivano sempre più numerosi.
Nell'attesa della trasformazione definitiva, i bambini salutano i turisti
con la mano alzata, magari alla ricerca di una caramella, per riprendere
subito dopo a giocare a pallone nelle piazzette che ogni tanto si aprono
tra le piccole strade, tra i panni stesi ad asciugare al caldo sole atlantico
e le cascate di bouganville che cadono dalla sommità di alte mura
protettive.
Fa così una certa impressione visitare la casa di Nicolas Pépin,
meglio conosciuta nel mondo come la Maison des esclaves, nel cuore della
cittadella. Una casa anonima, dalle mura cremisi, con le sue piccolissime
stanze che ospitavano anche trenta o quaranta schiavi alla volta. Schiavi
in attesa dell'imbarco, che non avrebbero mai salito quelle scale che portavano
ai piani alti dove Pépin viveva, se non nel lusso, almeno in un
certo agio.
Ma, oltre a Dakar e alle belle spiaggie della Petite Côte e di
Cap Skirring, a sud, nella Casamance, il Senegal è un Paese che
ha molto da offrire al visitatore attento. Se volete gustarvi uno spaccato d'Africa ancestrale e state seguendo
la Nazionale 1 che, da Dakar, porta verso il sud, non perdete M'Bour. Il
suo fascino risiede soprattutto nel mercato del pesce, dove i filetti di
"capitain" (quasi l'emblema della cittadina) vengono essiccati a sole o
affumicati all'aria in un vortice di uomuni, colori e aromi che vi porterà
indietro ne tempo. Da qui partono molte di quelle pinne di pescecane che
si possono trovare poi nei menù dei ristoranti di Tokyo.
Verso l'interno si aprono poi scenari
di pura Africa nera, poco pubblicizzati dalle guide turistiche e, forse
anche per questo, di grande armonia ambientale. Un esempio per tutti è
il Parco nazionale Niokolo Koba, quasi un milione di ettari che non hanno
niente da invidiare, se non le più attrezzate strutture ricettive,
al Masai Mara kenyota o al suo confinante tanzianiano, il Serengeti. È
situato tra le regioni del Senegal Orientale e la Casamance, chiuso dalla
Guinea a sud ovest, e dal fiume Gambia a sud est. Dichiarato riserva della
biosfera dall'Unesco nel 1981, il Niokolo Koba offre una splendida visione
sulla savana africana con leoni, leopardi, coccodrilli che formano la più
grande riserva faunistica dell'Africa occidentale. Viene da chiedersi perché
i tour operator italiani lo ignorino visto che in fatto di bellezza dei
luoghi e quantità di animali potrebbe, da solo, valere il viaggio.
Il baobab
Col passare degli anni, il Baobab si spacca e, al suo interno, dà
vita a enormi cavità che le antiche tribù senegalesi utilizzavano
come stalle, magazzini eû tombe. Per non offendere la terra mischiandola
agli spiriti dei morti, i defunti venivano appesi all'interno di queste
cavità naturali. Una cinquantina di chilometri a sud di Dakar si
apre una vera foresta di baobab, estesa su centinaia di chilometri quadrati.
Tra i villaggi situati al suo interno sono visitabili alberi centenari
che possono accogliere contemporaneamente 15-20 persone.
A proposito di flora e fauna, vale una deviazione anche il Parco Djoudj, 70
chilometri da Saint Louis, che, tra novembre e aprile, permette di assistere
alla nidificazione dei pellicani. E che, lungo tutto l'inverno, accoglie
in fase migratoria qualcosa come tre milioni di uccelli per oltre 400 specie
differenti.
Così come vale una deviazione il Lac Retba, 40 chilometri da
Dakar, meglio conosciuto come lago rosa. Ed è davvero rosa questo
lago. Un particolare batterio, unica forma vivente delle sue acque, dona
la particolare colorazione al lago. Salatissimo, in ogni litro delle sue
acque vi sono disciolti circa 380 grammi di sale, il Lac Retba supera difficilmente
i due metri di profondità. Se ci arrivate, fateci un bagno. Proverete
la sensazione che deve vivere un tappo di sughero buttato nell'acqua. Grazie
all'alto contenuto di sale, infatti, nelle acqua del lago Rosa è
praticamente impossibile andare a fondo. E se poi il sale sulla pelle formerà
una crosticina che tende a indurirsi man mano che si secca, niente paura.
Basterà lavarsi a una delle numerose fontanelle che si trovano a
pochi metri dalle sue rive. E dove l'acqua, che proviene dal sottosuolo
confinante con il fondale del lago, è "miracolosamente" dolce e
priva di sale.
Splendido contrasto con le dune desertiche del nord è, infine,
la Casamance. Tempio vacanziero per turisti alla ricerca di relax marino,
questa regione riserva, al suo interno, la visione di foreste maestose
inframezzate da risaie e, soprattutto dallo sbocco del fiume che le dà
il nome. Il delta del fiume Casamance si snoda in una miriade infinita
di bracci d'acqua salmstra tra cui le mangrovie fanno a gara per accapparrarsi
anche il più piccolo raggio di sole che riesce a penetrare tra i
loro rami.
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