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L'Africa di Continentenero Travel

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Tchad… emozioni sahariane

di Davide Bergami e Antonella Bergonzoni

Viaggio effettuato dal 27/03/2002 al 12/04/2002

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Acquistate un po’ di verdure, usciamo per qualche chilometro da Kalait dove ci accampiamo per la notte. Dopo cena verso le 21,30 mentre facevamo le ultime chiacchere prima di coricarci, sotto un cielo stellato dove la Via Lattea ci appariva come una serie di grappoli di luce, vediamo sorgere una luna piena che con una potentissima luce ha illuminato praticamente a giorno il paesaggio che ci circondava. Già ci è difficile vederla così alle nostre latitudini, qui in questo ambiente desertico privo di fonti di inquinamento luminoso e di smog, la sua apparizione così brillante e luminosa ci dava l'impressione di poterla persino toccare, provocando in noi un brivido di emozione.
Il giorno 01/04 ci svegliamo come sempre di buon ora verso le sei meno un quarto, colazione e poi proseguiamo in direzione nord fino ad arrivare all'importante pista che con andamento Nord Sud collega la città di Abeche, nella regione meridionale del Waddai con il villaggio di Fada sottoprefettura della più ampia regione amministrativa del paese chiamata B.E.T.; acronimo che indica i calanchi del Borkou e le catene montuose dell'Ennedi e del Tibesti.
Dopo ben tre giorni di viaggio, non certo monotoni, anche se qualcuno sosterrà il contrario, finalmente entriamo nel massiccio dell'Ennedi; qui il territorio è ormai desertico e abitato da popolazioni di pelle scura tipiche del B.E.T. come Tama, Zagawa, Anakazza, Bideyat e Gaeda. Popolazioni che sono fortemente indipendenti, valorose in battaglia, i cui uomini esibiscono lunghi pugnali legati alle braccia in segno di ferocia e con un marcato senso di appartenenza al proprio clan.
In lontananza intravediamo irte guglie che come fari ci guidano verso i rilievi di questo immenso altopiano arenaceo ricco di acque nascoste, trattenute negli scrigni segreti delle guelte, regali sorprendenti delle oscure e misteriose profondità del deserto.
Uno di questi magnifici scrigni è la guelta di Bechike', una piccola pozza di acqua limpida, che raggiungeremo a piedi lungo una stretta e spettacolare gola, che però non sembra essere utilizzata dagli animali del luogo.
La notte la trascorreremo a pochi chilometri da Fada in mezzo ad una foresta di pinnacoli di arenaria; qui si scatena la nostra fantasia ed immaginazione, modellate dal vento e dall'acqua si possono scorgere immagini di stravaganti castelli e cattedrali di un fantastico mondo alieno, lambiti da sinuose lingue di sabbia. Il nostro sonno è stato un po’ disturbato da un forte vento che ha scosso incessantemente le tende per tutta la notte. La mattina del 02/04 raggiungiamo l'oasi di Fada, dove dovremo esibire al posto di polizia i nostri passaporti e permessi di transito, per poi raggiungere nel pomeriggio la famosa guelta di Archei. Questo caratteristico villaggio sahariano costituito da case in banco (argilla con leganti vegetali battuta e essiccata) che circondano il vecchio forte coloniale francese è contenuto in un'oasi verdeggiante di palme da dattero, con un piccolo mercato e abitato principalmente dai Tubu del clan Gaeda.
La sua importanza come sede di sottoprefettura, il suo forte coloniale con una nutrita guarnigione militare e sentinelle armate che sorvegliano la piazza principale, fanno si che sia severamente proibito fotografare; tutto ciò a vantaggio di una maggior possibilità di poter avvicinare e scambiare qualche parola in francese con queste popolazioni solitamente molto schive.
L'oasi è di una rara bellezza, qui il tempo sembra veramente essersi fermato, la civiltà che noi conosciamo è lontana anni luce da questo posto; il nostro gironzolare senza una meta precisa ci porta a visitare la scuola locale ed a scambiare quattro chiacchere con gli insegnati.
FADA fu occupata per sette anni dall'esercito libico (dal 1980 al 1987) nel momento in cui invadeva il Tchad settentrionale; successivamente la Francia aiutò la sua ex colonia a cacciare gli invasori. Si stima che l'esercito libico nella sua ritirata abbia abbandonato circa il valore di un miliardo di dollari in attrezzature militari. E' quindi facile imbattersi nelle lamiere contorte e carbonizzate di carri armati e veicoli lanciamissili; sparse nel deserto granate di artiglieria, elmetti dei soldati, tettucci di auto e camion, mentre migliaia e migliaia di bossoli di mitragliatori sbucano fra le sabbie.
I frutti amari del post colonialismo, che insieme a questa guerra e alle oltre 70'000 mine antiuomo tutt'ora presenti (soprattutto lungo le piste che collegano Fada con le oasi di Ounianga), hanno generato sanguinosi conflitti interni, rendendo così inaccessibile per decenni agli stranieri questa remota zona del Sahara.Ora la nostra meta sarà la guelta di Archei. Abbandonata la pista percorreremo l'oued Archei, gigantesco e verdeggiante letto di fiume, che si snoda per una trentina di chilometri e termina in un grandioso anfiteatro naturale, sede del più importante punto d'acqua permanente di tutta la regione. Qui ci si ferma per il pranzo e poi a piedi si entra nella vera e propria gola che ci conduce alla guelta, il punto d'acqua permanente dove i nomadi Gaeda e Bideyat portano le proprie mandrie ad abbeverarsi. Nel pomeriggio la pozza d'acqua viene gradualmente abbandonata dagli animali che si sono oramai dissetati. La gola vista dal letto del oued è un vero e proprio ciclopico monumento naturale; chiusa da alte e verticali muraglie rossastre larghe alcune centinaia di metri all'ingresso, che si restringono a circa 20 - 30 metri nel punto d'acqua permanente.
Il clou della visita è avvenuto la mattina seguente, il 03/04 è un giorno che rimarrà per sempre indelebile nella nostra memoria.
Verso le 7,30 le jeep ci hanno portato all'inizio di un sentiero e con una marcia di avvicinamento di 1 ora in salita arriveremo su un ampio balcone naturale che ci permetterà di ammirare dall'alto questa splendida guelta. Nelle sue scure ed immobili acque si trovano alcune specie di pesci, ma soprattutto esemplari (in tutto sono sei) viventi di coccodrilli nilotci. Noi pensavamo che questa fosse una delle tante leggende che circolavano e invece al nostro arrivo ne troviamo ben due che usciti dall'acqua se ne stavano tranquillamente distesi al sole. E' un'allucinazione??? Siamo increduli, in pieno deserto stavamo ammirando gli ultimi testimoni dell'antica fauna sahariana, autentici fossili viventi e guardiani silenziosi di questo posto unico al mondo. Questi coccodrilli che sono risaliti dal lontano lago Tchad per arrivare nell'Ennedi hanno avuto un lento processo di adattamento al fine di poter superare oltre quattromila anni di siccità; ora non sono più carnivori e la loro lunghezza difficilmente può superare i tre metri. I Bideyat li considerano sacri e non li cacciano, però gli studiosi ci dicono che è molto improbabile che si possano riprodurre in un prossimo futuro e quindi avranno come ineluttabile destino l'estinzione.
A quest'ora del mattino, preceduti da un velo di polvere che si infittisce sempre di più, arrivano i dromedari per l'abbeverata; il loro ordine di arrivo è stabilito dai nomadi e calcolato in base alle lune. E' impressionante vedere la quantità di dromedari che lentamente si portano all'abbeverata; i blaterii degli animali assetati echeggiano tra gli stretti fianchi rocciosi, riemergendo dall'abisso del tempo, trasformando così Archei in un luogo magico. La magia del luogo è dovuta al fatto che oltre ai dromedari, che sono di gran lunga i più numerosi, possiamo scorgere anche piccole mandrie di mucche!!!
Anche questi animali sono testimoni di un passato che fu; a questa latitudine nel deserto del Sahara li possiamo ammirare unicamente nelle pitture rupestri, in quanto a causa della desertificazione del territorio sono migrati verso i pascoli del sud da parecchi secoli.
La presenza di popolazioni nomadi con le proprie mandrie, i coccodrilli che si credevano estinti da migliaia di anni, le guelte, una flora fatta di arbusti e cespugli, acacie, tamerici, euforbie e abbondanti cespugli di drinn (ottimi per il pascolo dei dromedari), la presenza di animali selvatici come gazzelle, fennech, babbuini e scimmie rosse (Patas), lepri e procavie capensis, mufloni, sciacalli e probabilmente felini come il leopardo, fanno si che per l'Ennedi la definizione di "giardino sahariano" sia la più azzeccata.
Il progressivo inaridimento del territorio iniziato 5'000 anni fa, ha trasformato foreste, verdi valli e boscose montagne in un'arida distesa di sabbie e roccia dove il sole ed il vento sono i dominatori incontrastati, costringendo così uomini ed animali a rifugiarsi nel massiccio dell'Ennedi. E' da allora che questa singolare oasi biologica rappresenta per le popolazioni locali una sorta di arca di Noè difficile da abbandonare.
I nomadi di questa zona conducono una vita completamente priva di tecnologie, in un ambiente naturale tra i più duri ed esigenti che esistano sulla terra. Non sono né poveri, né derelitti, ma semplicemente hanno ridotto all'osso le loro esigenze quotidiane. Nel Sahara dove le enormi distanze, l'aridità e la fatalità rendono così precaria la vita di queste genti, invocare il favore di Allah - Inshallah - è diventato un riflesso condizionato.
E' incredibile e allo stesso tempo angosciante prendere coscienza del divario enorme tra le difficoltà che ogni giorno queste popolazioni devono affrontare e i problemi che noi ritroviamo quotidianamente nella nostra società.

 

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