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Nel primo capitolo... ...nel secondo... ...e nel terzo
Roma-Bamako Sul Niger A Djennè I Dogon I villaggi 169 alunni

Diario dal Mali terza parte
di Renato Civitico


Il villaggio che ho di fronte è stato costruito proprio sotto la montagna, sono abitazioni piccolissime di forma quadrata, fatte di fango con un tetto di paglia. Per le strette viuzze del villaggio vedo le famose porte e le finestre di legno, sono lavori bellissimi con preziosi intarsi e incisioni. Poi la casa del Gran consiglio, la Toguna, il punto di riferimento per la comunità, quattro grossi pali sormontati da una tettoia di paglia, la casa rimane aperta sui quattro lati. Togu na significa letteralmente gran riparo, ma i Dogon la chiamano anche casa della parola. Gran parte della vita sociale è vissuta attorno a questa casa, la giustizia, i calendari agricoli, gli interventi d'emergenza ed i provvedimenti di carattere amministrativo sono decisi qui. I Dogon sono famosi anche per la loro cultura, la religione e la cosmologia, ma sono argomenti talmente complessi che riportarli non sarebbe facile e richiederebbe molta carta su cui scrivere. Sosta sotto un albero, fa troppo caldo per proseguire, ora ci sono 33-35 gradi, ma il vento che soffia attenua la fatica. Lungo la strada trovi piccoli villaggi, e spesso nella falaise si sentono in lontananza tamburi suonare, è bello camminare e ascoltare musica. Ho imparato alcune parole: Agapò: buongiorno, Digapò: buonasera, Sewa: come va, Po: salire, Ganà: grazie, e Onan: fatica. In un villaggio che sono andato a visitare prima c'era una piccola chiesa cattolica, una casa tipica del luogo trasformata in un luogo sacro, con tanto di campana al suo ingresso. La campana per la verità è un semplice cerchione d'auto appeso a un albero. All'interno di questa piccola chiesa pareti spoglie, alcune immagini della via crucis, una piccola statua in legno della madonna e un Cristo appoggiato sull'altare, le panche sono dei tronchi di legno appoggiati per terra. Mi sono messo a parlare con il prete, e mi ha spiegato i suoi problemi quotidiani, poi mi ha confidato che è difficile la sua presenza qui, anche perché gran parte della popolazione locale è rimasta fedele alla propria religione. Dopo averlo salutato, ho notato un cartello lungo la strada, portava l'indicazione di una moschea, anche questo a fargli concorrenza! Ma è la cordialità delle persone che sorprende, lungo la strada incontri uomini a lavorare nei campi, donne che portano legna a casa e bambini, mille bambini che ti seguono e per istaurare un contatto. Tutti con il sorriso sulle labbra, pronti a indicarti la via migliore da percorrere, ma sempre e tutti lungo la strada ti domandano sewa, ovvero come va? Di sera poi c'è sempre un vento caldo, un dolce soffio che avvolge tutti e tutto.
Sono stato ospite di una scuola nella falaise stasera, un professore mi ha fatto visitare la sua classe e mi ha spiegato che è composta di 169 alunni. Nella stessa classe ha bambini di tutte le età, dai sei anni in su, ma la cosa favolosa è stata aprire un libro di testo, un libro di storia. La cosa che più mi ha colpito è stata trovarlo diverso, è banale quello che ora scrivo, ma non ho trovato nulla sulla rivoluzione francese o sul sacro romano impero, solo la storia di questa terra. L'impero del Ghana, che fu il primo stato importante della regione, poi il regno del Mali, l'impero Songhai, a seguire la tratta degli schiavi e la colonizzazione francese, fino ad arrivare ai giorni nostri e ai problemi che affliggono questo Paese. Ciò che si scopre in questi momenti è una diversità culturale e sociale, un'autenticità reale dalle cose che non sempre è visibile dall'esterno. Non passiva, come può essere un servizio giornalistico o un documentario in televisione, ma attiva perché il turista che cammina per il Mali, colui che sceglie una meta così poco convenzionale, si trova a oltrepassare il confine a cui è abituato a vivere nel quotidiano. L'avventura, la fatica e l'aver appreso rappresentano il mezzo per costruirsi una nuova identità, solo raggiungendo questo punto d'arrivo si diventa viaggiatore consapevole. Consapevole delle cose viste e provate lungo la strada, che sovente si ritrasmette nei discorsi e nei racconti con altre persone, ma solo con quelle che vogliono ascoltare. Concludo questo breve racconto con una frase presa in prestito da un libro di un grande scrittore, Pino Cacucci: " Si possono percorrere milioni di chilometri in una sola vita, senza mai scalfire la superficie, né imparare nulla dalle genti appena sfiorate. Il senso del viaggio sta nel fermarsi ad ascoltare chiunque abbia una storia da raccontare". Sewa?

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