DIARIO DI VIAGGIO IN EGITTO

di Mauro Morelli
4/10

UN SALTO DI 1300 ANNI Martedì 9 marzo partenza di buon mattino dopo una nottata non troppo tranquilla a causa del rumore e fischio dei treni che si fermavano alla stazione proprio sotto il nostro albergo e della monotona, continua litania di alcuni fedeli islamici iniziata verso le 4 di mattina. La destinazione finale di oggi è Luxor, distante circa 350 chilometri da Asyut, facendo alcune soste per visita a siti archelogici e templi risalenti al periodo del Nuovo Regno e quindi con un salto in avanti di ben 1.300 anni rispetto alle piramidi e alle altre costruzioni viste sino ad ieri. Le prime cose da vedere dovevano essere i due monasteri Bianco e Rosso nei pressi di Sohag, ma, evidentemente per mancata comunicazione alla scorta da parte dell’agenzia, vediamo passare la cittadina e dobbiamo rassegnarci a proseguire verso Abydos. Il paesaggio è ormai quello conosciuto: gli asinelli si confermano il principale mezzo di trasporto della zona; le case si fanno sempre più misere e le persone vivono letteralmente in mezzo alla polvere, allo sporco e agli animali; a Sohag, una cittadina con un bel viale fiancheggiato da eucalipti, una bambina a cavalcioni di un asinello controlla una bambina ancora più piccola, di due o tre anni, che sta rovistando in un mucchio di spazzatura alla ricerca di un qualche rifiuto di un certo interesse. Ma che cosa? Ci fermiamo ad un passaggio a livello incustodito per consentire il lento passaggio di vagoni scoperti carichi di canna da zucchero: nell’attesa del passaggio del treno, dietro a noi cinque o sei uomini scendono dal loro furgoncino e sfilano alcune canne dai vagoni; Franco li imita e così, ripreso il viaggio, anche noi possiamo assaporare il dolce sapore della canna. Verso mezzogiorno arriviamo finalmente al sito archeologico di Abydos. Pur trattandosi di uno dei luoghi più antichi e sacri dell’Egitto, ove infatti si facevano seppellire i sovrani della prima dinastia, i due templi che oggi possiamo ammirare risalgono "appena" al 1300 a.C. e sono intitolati a Sethi I e a suo figlio, Ramses II. Il primo, preceduto da due ampi cortili quadrati, è costituito da due stupende sale ipostile sorrette rispettivamente da 24 e da 36 colonne in calcare interamente decorate con incisioni e geroglifici, suddivise in file da 12, che anticipano le sette cappelle dedicate a Seti I, Ptah, Ra-Harakhty, Amon, Osiride, Iside e Horus e cioè alle maggiori divinità egizie e allo stesso faraone regnante. I soffitti delle cappelle sono blu, decorati con stelle a cinque punte per rappresentare un cielo stellato e le pareti, ricoperte di stucco bianco, sono adornate da figure dipinte in rilievo cavo, ancora capaci di dare una sensazione di vivacità colorica e di freschezza. Il tempio prosegue poi in una serie di stanze e gallerie, tutte piene di immagini in rilievo e di migliaia di geroglifici, quando disposti in senso orizzontale e quando in senso verticale per una maggiore armonia ed eleganza, che raccontano le gesta del faraone e delle varie divinità. Uscendo dal tempio, sul retro, si vede in una grande buca nel terreno, una delle sale ipostile del cenotafio, o falsa tomba, di Seti I con atrio centrale circondato dall’acqua; in alcuni punti delle pareti del corridoio sono ancora leggibili i testi tratti dal Libro dell’aldilà. La visita di Abydos termina con il tempio di Ramses II situato a poca distanza da quello di Sethi, del quale sono rimaste solo colonne e pareti di appena due metri di altezza. Da Abydos proseguiamo sulla strada sino a Qena, una cittadina situata su un’ansa del Nilo e dalla quale parte la strada che attraverso il deserto orientale porta ad Hurghada sul Mar Rosso, per visitare il vicino tempio di Dendara. Si tratta di un magnifico tempio costruito in epoca tolemaica, verso il 150 a.C. e quindi ai tempi della imminente conquista romana, e dedicato al culto della dea Hathor, dea del cielo e dell’amore e sposa di Horus. E’ uno dei templi meglio conservati dell’Antico Egitto grazie anche al fatto che è restato interamente sepolto dalla sabbia sino al 1800 (sul ciglio della sua terrazza si notano infatti una serie di graffiti datati 1809 e 1827 incisi dai primi archeologi che lo riportarono alla luce). L’ampio cortile del tempio, preceduto da un altissimo portale in pietra, conduce all’atrio ipostilo con 24 colonne con capitello a forma di testa di Hathor. Questa dea, secondo l’abitudine egizia che finisce con il creare una certa confusione interpretativa, oltre che come donna, viene anche rappresentata quando da una vacca, quando da una donna con testa di vacca e quando da una donna con cappello fatto dal disco del sole tenuto tra le corna di un bovino. Sulle pareti e sulle colonne sono raffigurate scene di offerte e di devozione alla dea da parte di imperatori Romani come Augusto, Tiberio, Caligola e Nerone. Dall’atrio si accede alla sala dell’apparizione con colonne e cappelle e infine alla stanza delle barche circondata da un corridoio sul quale si aprono 11 piccole cappelle. Purtroppo, come avremo modo di ritrovare anche in altri templi, molte figure umane risultano rovinate da una fitta serie di scalpellate appositamente procurate, in periodi successivi alla costruzione, da qualche faraone in segno di disprezzo per la persona raffigurata. Da una scala interna si sale sul tetto del tempio dal quale si gode una veduta sulle campagne, dalla parte verso il Nilo, e sul deserto, dalla parte opposta. Sul tetto si trovano anche alcuni piccoli edifici tra i quali la cappella di Osiride con soffitto adornato dal calco in gesso dello zodiaco di Dendara (originale al Louvre) con una rappresentazione circolare del cielo. Terminata la visita dei templi di Dendara, riprendiamo il viaggio arrivando così a Luxor prima che faccia buio. Sistemazione nel centrale hotel Emilio, cena al buffet internazionale dell’albergo, passeggiata sino alla strada lungo il Nilo e poi a letto.    

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