DIARIO DI VIAGGIO IN EGITTO
di
Mauro Morelli
9/10
LA SALITA AL MONTE
SINAI Dopo poco meno di quattro ore di sonno, accompagnate
dal comprensibile concerto di rumori prodotti da sette uomini
che si trovano a dormire insieme in una piccola stanza,
siamo in piedi e ci ritroviamo come automi, zaino in spalla
e torcia elettrica in mano, sul sentiero che conduce alla
vetta insieme a qualche centinaio di turisti e pellegrini.
Alzando lo sguardo è suggestivo osservare la
lunga processione di puntini luminosi che sembra indicare
il percorso lungo i fianchi della montagna. Ognuno
cerca il proprio passo e il gruppo si frantuma. Corrado,
con il suo passo da scalatore, parte subito in quarta e
non lo vediamo più. Poi seguono, alla spicciolata,
tutti gli altri. Io, insieme a Grazia, Eleonora e lo stoico
Mimmi che ancora soffre di una ferita proprio sotto al piede
procuratasi durante un bagno alla barriera corallina, formiamo
il gruppo di coda. Saliamo, continuamente avvicinati da
beduini che offrono con insistenza e speranza i servigi
del loro cammello per salire sino in cima. "Camelo? Vuoi
camelo? Camelo non caro. Ancora tre ore per la cima." E
così via. Vado avanti senza curarmi di loro con il
mio passo tranquillo e cadenzato, illuminando con la torcia
la strada per evitare di inciampare in qualche pietra. Mi
fermo e guardo il cielo, senza luna, ma incredibilmente
pieno di stelle: riconosco la Via Lattea, la costellazione
di Orione e la luminosissima Sirio. Poi guardo la processione
dei puntini luminosi delle torce: non se ne vede la fine.
Grazia comincia a dare segni di stanchezza ed è preoccupata
soprattutto per il cuore che le sta battendo troppo forte.
La convinco a salire su un cammello. Fissiamo la tariffa
in 10 $ e in un attimo la vedo sparire nel buio mentre mi
saluta dallalto del cammello. Per avere accettato
deve essere stata proprio stanca e affaticata. Io proseguo
con il solito passo con Eleonora e Mimmi e dopo poco riprendiamo
Valentina e Stefania che si uniscono a noi. Comincio ad
avere caldo. Mi fermo per togliermi un maglione e sento
la giacca a vento completamente bagnata di sudore. Dopo
unora di salita senza soste, superiamo alcuni componenti
del gruppo fermi ad un posto di ristoro. Continuiamo a salire
senza sapere quanto ancora manca allarrivo. La processione
dei puntini luminosi è ormai sparita dietro il crinale
della montagna. Si vedono alcune cime che, ancora scure,
si alzano nel cielo: quale sarà la nostra? Cerco
di fare coraggio a Mimmi dicendo che stiamo per arrivare.
Incontriamo una nuova baracchetta e faccio la proposta
accettata con gioia da tutti - di fare una sosta. Una tavoletta
di cioccolato e un tè bollente ci rimette tutti quanti
a posto e possiamo riprendere con nuova lena la salita.
Dopo poco meno di un paio dore dalla partenza, arriviamo
ai piedi della montagna dove inizia una ripida salita di
oltre 700 approssimativi scalini ricavati nelle parete rocciosa.
Qui finisce la corsa dei cammelli e qui anche Grazia sarà
scesa per proseguire a piedi. Mi guardo intorno pensando
di trovarla seduta ad aspettarci e invece niente. Speriamo
bene! Comunque, fiduciosi che la meta sia ormai vicina (a
quel punto non sapevamo degli oltre 700 scalini che ancora
ci aspettavano), ci inerpichiamo per la salita ripida concedendoci
anche il lusso di superare alcune persone. Poco prima di
arrivare in vetta Eleonora e Mimmi perdono i contatti. Finalmente,
un po prima delle sei, io, Valentina e Stefania arriviamo
in cima. Ormai non è più buio completo. Ritroviamo
Grazia che, piano piano, era comunque riuscita a superare
lultima e più ripida salita. Il cielo ha già
cominciato a schiarire. In cima fa freddo e tira un vento
fastidioso. Ci sono diverse decine di persone, tutte più
o meno stanche, infreddolite, addormentate ma tutte in attesa
del miracolo giornaliero del sole. Appoggio su un muretto
la mia Canon e guardo lontano, verso le montagne che sotto
di noi ci circondano a 360°. Anche se non siamo proprio
sulla vetta più alta del Sinai (cè unaltra
montagna, il Jebel S.Caterina, che arriva a 2682 metri)
ci sentiamo di dominare completamente il paesaggio. Qui
Mosè vide e parlò con Dio, qui ricevette le
tavole dei Dieci comandamenti; cè solo una
modesta chiesetta in memoria del fatto biblico, ma in compenso
cè tanta natura! Crederci o no non ha grande
importanza: la suggestione è comunque tanta. Purtroppo
il punto dellorizzonte da dove il sole nasce, spuntando
dietro una estesa catena di montagne che vediamo di fronte
a noi in lontananza, è coperto da una leggera foschia
e questo non ci consente di godere di una alba limpida.
Vediamo il sole alzarsi sopra le montagne quando è
ancora nascosto da una inopportuna striscia di foschia;
poi, quando finalmente riesce a liberarsi delle nubi, è
ormai troppo tardi: tutto intorno è già giorno;
è mancato il magico, repentino passaggio dalla notte
al giorno. Finito lo spettacolo della levata del sole, iniziamo
la discesa che in circa unora e mezza ci riporterà
al monastero. Qualcuno scende per la strada più veloce
fatta di 3750 scalini; noi rifacciamo la stessa strada del
mattino, ma ora, in piena luce, possiamo goderci a cuore
aperto la fantastica visione a 360 gradi di decine e decine
di cime rocciose, plasticamente illuminate dai raggi radenti
del sole, che sembrano uscire con prepotenza dal buio della
terra . Ci ritroviamo tutti quanti alla foresteria del monastero
per una necessaria colazione e poi visitiamo, insieme a
centinaia di turisti arrivati nel frattempo con grossi pullman,
i luoghi del complesso religioso aperti al pubblico. La
chiesa cristiano-ortodossa, carica di oggetti e di immagini
a fondo dorato, costruita nel VI secolo e profondamente
modificata nel corso dei secoli successivi, tranne che nella
sua splendida e ancora originale porta di ingresso, in legno
di cedro del libano a due ante; una interessante raccolta
di icone dal VI al XVIII secolo con immagini in stile bizantino
primitivo, greco, siriaco e copto; il biblico roveto ardente;
il pozzo di S.Stefano e infine lossario ove sono lugubremente
custodite le ossa e i teschi dei monaci morti.
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